Rientro dalle ferie estive e trovo il nuovo e tanto atteso album dei Queens of the Stone Age ad attendermi a braccia aperte. La notizia della produzione affidata a Mark Ronson ha dominato il gossip musicale per tutta l’estate, nonostante qui in Italia se la sia battuta con quella affidata a Rubin per il nuovo di Jovanotti.
Dunque c’era moltissima curiosità attorno a Villains, predestinato a diventare il Disco-Inferno della formazione californiana. Quindi la domanda che ci ronzava in testa era: quanto Ronson troveremo dentro il nuovo QOTSA? Tanto, tantissimo. Peccato (o menomale che) non si tratti di Mark madi Mick.
Villains è infatti una croccante, friabile fetta biscottata cosparsa di tanta marmellata bowiana. Che può anche voler dire trovarsi a tavola con i Muse, cosa che in effetti succede in chiusura del disco, ma che il più delle volte invece riesce a trovare una stilosa via di fuga dal classico, martellante hard rock che ci si aspetta sempre debba venir fuori dalla chitarra di Josh Homme, così come da quella di Troy Van Leeuwen e da cui invece i due musicisti sembrano voler scappare sempre più sovente.
La patina glam che gioca ai limiti col kitsch (i Muse, dicevo, ma anche gli ZZ Top degli anni Ottanta sembrano sempre dietro l’angolo) sempre più spessa con cui i QOTSA hanno deciso di rivestire la loro musica ne rinnova, se non la vitalità, perlomeno la grinta e Villains è il prodotto perfetto per soddisfare un pubblico che si lascia accontentare da poco, che non ha più bisogno di stupirsi e che regala applausi a piene mani ai propri idoli, qualunque cosa facciano. Pur di avere un sogno in cui credere e non rinnegare il proprio tatuaggio. (Franco Dimauro)
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✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 13 Settembre 2017