Come si racconta un disco così intenso, fragile di originalità ma assolutamente efficace di vita e di emozioni Torna il rocker veneto Massimo Priviero, torna avendoci già lasciato in un passato recente una prova di musica acustica.
Ma oggi è decisamente dedito a questo genere e, per quanto il singolo di lancio London sia ancora farina di un sacco pesante di rock americano, il resto di questo nuovo bellissimo disco dal titolo All’Italia sa di polvere, di panna, sa di soffice volo a planare.
Sa di chitarre acustiche, di testi assolutamente ispirati, un po’ troppo pop di quando in quando nelle chiuse quasi forzate a doversi impegnare nel riempire con precisione tutti gli angoli della melodia. Si parla di espatrio, di estero, di italiani che fuggono dalla terra natia e arrivano in America, in Germania, in Inghilterra.
Oggi come ieri, da suo figlio (che vediamo appunto nel video di London) che vive ormai a Londra, alla Solesin morta al Bataclan, brano tra l’altro decisamente commovente.
Ci sono dunque gli italiani di oggi che lasciano il paese per una loro salvezza lavorativa (anche se qualcuno troverà la morte), ma ci sono anche gli italiani che eravamo nel dopoguerra pronti a scoprire l’America, ognuno la sua.
Un picco inarrivabile con la bellissima Friuli ’76, il grande terremoto: espatriare allora, non dall’Italia, ma dal proprio paese. Perché emigrare significava (e significa) anche questo.
Insomma All’Italia è davvero un album che merita un ascolto a portata di vino e con una luce soffusa, senza far caso a troppe soluzioni melodiche già sentite (da Springsteen a Dylan a chiunque altro sposi l’America on the road). Senza far caso a quante volte la scrittura abbandona l’istinto per educarsi di metrica.
Fate caso invece a quanto grande è l’umanità di un artista come Priviero che in un solo disco mi ha fatto commuovere almeno tre volte. Penso sia una bella gara da fare sui social.
Un lavoro intenso, emozionante e ricco di cuore. Per il resto, che sia rock o che sia una semplice ballad, Massimo Priviero conosce bene la sua strada. (Alessandro Riva)
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