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Mirco Menna – Il senno del pop, 2017 | Recensione

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Un disco bohémien quello che mi si presenta all’ascolto. D’altronde l’uomo e l’artista, mai per una volta, sembrano combaciare in tutto e per tutto, dalla musica che scrive alla vita che consuma. Ed è così che ritrovo Mirco Menna, decisamente uno dei cantautori più bohémien di questa nuova scena musicale d’autore nostrana. E qui il rimando alle gesta del collega e contemporaneo Gerardo Balestrieri sono ovvi e molteplici.

Diciamo che siamo di fronte a quella canzone un po’ tanto francese che però espatria nel caso di Mirco Menna in territori esotici, dalle Hawaii al Brasile con milonghe Argentine e qualche spruzzo di noir da locanda antica. Si intitola Il senno del pop e devo dire che se vogliamo leggerci della polemica sociale allora è meglio perderlo che abbandonarlo questo senno – nonostante il nostro giochi con il colore acceso da cliché commerciale per l’immagine di copertina.

Oppure vogliamo trovarci l’ironia di chi gioca con le parole a dire la sua sul concetto di pop. Il senno del pop di Menna è assai culturale e antico, il teatro di un rigattiere o i bellissimi ornamenti di un cappellaio matto oppure sembra quella nostalgia di un poeta che guarda al tramonto e dipinge come può una semplice canzone.

Se la prima traccia Portati da un fulmine sembra uscita da un movie esotico degli anni ’60 la seconda diventa meravigliosa prosa d’autunno che si tramuta in un tango pop di arrivi sperati. La meravigliosa Il descaffalatore parla di noi, di oggi, della plastica, con un mood partenopeo e una voglia assoluta di fare giochi acrobatici con le parole e cacciarci un sorriso di intelligenza. Troviamo Zibba a duettare in Prima che sia troppo tardi con questo intro alla mexicana maniera che resta tale a mantecare una canzone pop d’amore per quando anche l’amore sia necessario, un brano che purtroppo diventa davvero fin troppo italiano, peccato.

La title track del disco chiude l’ascolto degli inediti ed è di nuovo incontro tra culture, tra Napoli e Bahia, tra Modugno e qualche cantore sotto il sombrero. E poi Menna ci regala due bonus track in cui troviamo un live di un vecchio successo con la Banda AvolaDa qui a domani e poi una sua versione omaggio a Gaber di Chiedo scusa se parlo di Maria.

Insomma, un disco di grande canzone d’autore in cui la parola è co-protagonista di un film d’essai destinato a pochi (purtroppo, visti i tempi) ma sono sicuro ricco, anzi ricco sfondato di spunti e stimoli per l’ispirazione di tutti i fortunati che si fermeranno all’ascolto. E fermarsi è doveroso. Il senno del pop non è un disco per passare il tempo con un sottofondo originale. Buon ascolto. (Alessandro Riva)


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