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Silvia Conti – A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità), 2017 | Recensione

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Da tempo seguo i lavori della RadiciMusic, grazie alla redazione di Musicletter ne abbiamo parlato in altri articoli. E sapevo quindi che questo nuovo disco di Silvia Conti sarebbe stato bellissimo prima di tutto da sfogliare tra le mani.

Un colore arancio predominante, una copertina figlia dei fiori con questa donna (lei stessa probabilmente) che veste larghi pantaloni di lino (ovviamente dello stesso colore), scalza – a piedi nudi – e smalto colorato alle unghie, di tanti colori diversi. Così il booklet è di mille colori ed altrettanto d’impatto la bellissima idea di immortalare i vari protagonisti di nuovo dai piedi nudi e non dalle facce.

Sono 10 inediti e due grandi omaggi a pilastri immortali: omaggia Patti Smith dedicandole una sua traduzione di Dancing Barefooth che qui diventa Ballando a piedi nudi. E come ultima traccia troviamo All togheter now dei Beatles, rifatta in acustico, a suon di chitarra e ukulele probabilmente in una ripresa live (figlia dei fiori anch’essa).

Questo disco si intitola A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità) – ecco spiegati i piedi nudi e forse anche la psichedelia di mille colori – un bellissimo spaccato di canzone d’autore pop con un suono che ormai porta la firma riconoscibile di Gianfilippo Boni, che quindi significa suono fermo, deciso, suono pop, suono curato nei dettagli (in tutte le sue produzioni colpisce come i suoni percussivi siano dolcemente appoggiati tra di loro e mai spigolosi di prepotenza).

La canzone di Silvia Conti, che con questo lavoro segna il ritorno alla scrittura personale, è una canzone tanto ispirata, fatta di immagini sociali, come scegliere la direzione in cui portare la propria vita (vedi Tom Tom) oppure il susseguirsi di saccenti ignoranti a guidare le cultura e la vita quotidiana (vedi Il canto della scimmia).

Brani come Vai – che forse hanno dato l’ispirazione a quel preciso modo di omaggiare i Beatles – sfoggiano quel piglio blues che non manca mai in chi canta dal e per il popolo. Colpisce l’intro di tutto quest’ascolto affidato ad un titolo assai curioso: Mi minore dalla Leti. Una sospensione di armonici e un sottofondo che appena rimanda a The great beyond dei R.E.M., sulla qualche dapprima si incastra una voce che decanta grandissimi album della storia mondiale (che sia un brano didattico per tutti, da cui prendere spunto) su cui la cantautrice toscana narra una poesia, una riflessione che non segue il testo riportato dal booklet ma lo sviluppa con maggiore enfasi e personalità.

Anzi, ora che guardo bene, sullo sfondo di tutto il digipack sono proprio riportati quei nomi di quei grandissimi dischi che sento scivolare in sottofondo. Bene: ecco celebrato il ritorno all’oggetto come opera nel suo completo. La bella canzone d’autore attuale e decisamente matura di Silvia Conti si completa con un progetto grafico altamente curato (encomio rinnovato alla RadiciMusic che ci tiene particolarmente) e un messaggio intriso di particolari e di dettagli che dal solo file della rete non avremmo mai scoperto. Mai. Ritorniamo agli oggetti per completare la musica. Un bellissimo disco di oggi. (Alessandro Riva)


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