Mi attraggono i gruppi che non vogliono piacere a tutti i costi. Quelli che appena ti avvicini mostrano gli aculei come i porcospini.
I Mamuthones rientrano a pieno titolo in questa categoria. Animali senza peli da accarezzare. Non ho seguito la loro discografia con costanza e del resto come si fa a seguire tutto senza barare e prestando l’attenzione più o meno dovuta? Non so quale sia quello che è ritenuto il loro capolavoro ma personalmente, fra i tre dischi a loro nome in mio possesso, questo li batte tutti, grazie a piccoli capolavori prismatici come Cars e Alone dove convivono in uno stato di cattività condivisa Oneida, Supersystem e pure il battito d’ali del Bela Lugosi dichiarato vivo quando tutti lo davano per morto.
Sembra di stare dentro quei labirinti che erano i dischi dei Liquid Liquid. Le percussioni che diventano centinaia di spilli e di chiodi, le chitarre che sono ossa vittime di un’osteoporosi fulminante mentre le tastiere cercano come fachiri di avanzare su questo tappeto di schegge e le linee di basso ci passano attraverso serpeggiando.
La musica dei Mamuthones è quasi una bossanova guasta, lasciata a marcire dentro una baracca delle favelas e che ora si trascina fuori strisciando, a vedere se è rimasto uno spicchio di sole per cicatrizzare i lividi. E torna a essere viva di una vitalità pungente e diffidente. (Franco Dimauro)
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✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 21 Febbraio 2018