È uscito il 6 aprile per Trovarobato Casa, Finalmente il primo di disco di Tobjah, nome d’arte di Tobia Poltronieri, noto per essere tutt’ora uno degli agitatori musicali più attivi d’Italia con il collettivo veronese C+C=Maxigross.
Questo disco narra di un viaggio, forse, ma soprattutto del ritorno a casa e alla propria identità. Ed è un grande racconto di ritorno dove il mare attraversato è il mare del lavoro artistico, del mestiere semplice e complesso di scrivere canzoni. La nave usata per solcare il mare è la più affidabile: una chitarra Martin D-18 del 1973.
D’ora in avanti non si tratta di imitare le forme e lo stile di Dylan, Neil Young o Lennon. Con la scrittura di questo disco Tobjah apre il suo cuore, si mette a nudo, azzera i filtri, convinto che sia questo il processo che dà luogo a una musica sincera, universale e fuori dal tempo.
Il disco è nato dal vivo. Sera dopo sera nella primavera del 2017, in un lungo tour fatto di piccoli e intimi concerti. Quando i brani sono arrivati in studio, sotto la guida di Miles Cooper Seaton e Marco “Juju” Giudici (i due produttori del disco), erano stati interiorizzati e avevano cambiato aspetto e consapevolezza.
Le ispirazioni sono molteplici e sono cambiate in corso d’opera data la lunga gestazione. Durante la composizione iniziale con voce e chitarra acustica era forte l’influenza del folk anni ‘60 britannico (Incredible String Band), di quello americano più classico (Young, Dylan) e di quello più mistico di Robbie Basho, con le sue accordature aperte e i suoi canti spirituali assieme alla psichedelia gentilmente oscura di Linda Perhacs, piccola gemma riscoperta pochi anni fa.
Menzione particolare per Joni Mitchell e Milton Nascimento. Queste sono le uniche due ispirazioni che sono passate attraverso la fase compositiva fino ad arrivare alla conclusione del disco. Tobia ha portato il disco Clube da Esquina di Nascimento a Juju come primo riferimento di ascolto quando gli ha chiesto di lavorare con lui a questo disco. Il brano “La canzone del melograno” è diventato senz’altro il più tropicalista di tutti, grazie senz’altro alla complessa e pressante sezione ritmica di Alessandro Cau e gli arrangiamenti di clarinetto basso di Enrico Gabrielli.
Joni invece è un punto fisso, una colonna portante dell’ispirazione artistica e creativa tutta. Come Young e Dylan, ma molto di più, essendo donna in un mondo spietatamente uomo, Joni è sempre riuscita a reinventarsi, a mettersi in discussione, a rilanciare in avanti, per esigere in primis da sé stessa il meglio che poteva dare. Raccontare se stessi in maniera così pura e quindi così universalmente riconoscibile è stato forse la più grande influenza di questo mio disco.
Questo disco era partito per essere un disco fatto in camera, in solitudine. Ne è venuto invece un disco corale, pieno dei musicisti che circondano la febbrile vita musicale di Tobjah.
Nella prima traccia è ospite il percussionista Lino Capra Vaccina. La musica di Lino è pura ricerca, spirituale, mistica e quindi sonora. Avere una traccia incredibile di vibrafoni, gong e percussioni suonati magistralmente su cui poter cantare l’inizio di questo viaggio è stata per Tobjah una vera benedizione musicale.
Non da meno il sopracitato Gabrielli, con la sua versatilità al servizio, come arma che passa dal prog alla contemporanea senza dimenticare PJ Harvey. I musicisti free jazz sardi Alessandro Cau e Federico Fenu, che hanno messo a servizio del disco una musicalità estremamente espressiva e sensibile che viene da mondi musicali potenti, sempre al limite, e che applicati alla delicata sospensione dei miei brani ci ha portato a ricordarci del personalissimo canzoniere di Robert Wyatt (o del più giovane ma grandissimo Jim O’Rourke, anch’egli magistrale produttore, sperimentatore, esecutore e non di meno cantautore, amatissimo da Miles Cooper Seaton e sua grande fonte di ispirazione).
Il violinista classico Lukasz Kuriat ha portato poi il suo stile impeccabile e virtuoso nel pop nordafricano di “Non so dove andrò”, mentre Gianluca Giusti ha aggiunto note minimaliste di pianoforte al brano più Grateful Dead del disco, “Come faccio a respirare”. Nato come ballata folk di fingerpicking è poi diventato un dilatatissimo brano pop degno del Jerry Garcia fine anni ‘80, quando i suoni erano tutti definitissimi e i riverberi di plastica.
Un disco che è ritorno a casa. Un disco solista realizzato assieme a una moltitudine di compagni e artisti. Casa, Finalmente è un disco che vi sconvolgerà perché è semplice. E poi vi meraviglierà perché è un labirinto. E dopo tanto girovagare è un posto dove tornare.
Casa, Finalmente di Tobjah è in streaming integrale sul nostro blog a partire da oggi. Buon ascolto. (La redazione)
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