È morto ieri, venerdì 17 agosto 2018, nella sua Bologna, all’età di 68 anni, Claudio Lolli, cantautore che ha saputo raccontare la società e il suo male di vivere con straordinaria poesia.
Dal suo esordio Aspettando Godot (1972) all’ultimo, premiato Il Grande Freddo (2017), passando per il suo lavoro più conosciuto e amato Ho visto anche degli zingari felici (1976), il professor Lolli non ha mai smesso di guardare il mondo da un punto di vista inusuale e nostalgico, senza perdere tuttavia lucidità, impegno politico e sociale.
Lo ha fatto aggrappandosi alla musica. La sua musica! Quella che lo ha reso un uomo libero e indipendente, lontano dalle mode e dai luoghi comuni, e soprattutto in pace con se stesso. Un artista che ha saputo emozionarci alla pari di un Guccini o un De André ma che purtroppo, nonostante il talento e la profondità d’animo e di scrittura, non ha mai ricevuto in vita i giusti, quanto meritati riconoscimenti, sia dal pubblico che dalla stampa specializzata.
Riportiamo di seguito una parte dell’intervento di Claudio Lolli estratto dal libro “Come funziona la musica? Rispondono 50 artisti italiani” (Arcana Edizioni, 2018), di Luca D’Ambrosio.
La musica è un meraviglioso linguaggio. Meraviglioso perché non ha come prevalente la componente referenziale, quindi sostanzialmente non vuol dire nulla, nessuno può rispondere alla domanda cosa vuol dire una sinfonia di Mozart, non vuol dire niente, è solo bella. Questo rende la musica un’arte sublime. Come dire parlare del mondo senza avere nulla da dire, ma solo arricchendolo di bellezza…
Buon viaggio, Professore. (La redazione)
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✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 18 Agosto 2018