Tornano i Rocky Horror, torna una delle più interessanti realtà del rock crossover italiano anche se, come da presskit, il termine “crossover” sparisce soprattutto dopo l’ascolto e l’uscita di questo Un salto nel buio che cerca, a onor del vero, un linguaggio più popolare, meno americano in certi modi e con un cantato rap più fruibile e denso di “melodia” – per quel che può pesare d’importanza la melodia in un disco simile.
Sono nove inediti che suonano massicci e senza pause, dal primo lancio del singolo Siamo noi con il video che ha fatto tanto rumore vista la splendida partecipazione della Playmate Kelly Rey di Playboy Italia e i due colossi dell’underground nostrano come ESA degli OTR ed Ettore Carloni dei Rhumornero. Power Chord che subito dettano legge quasi a ficcarsi in uno scenario metal.
L’ascolto in genere mette in luce una via elitaria, quasi un ritorno al nucleo popolare di quartiere: si sente il sapore un po’ in tutto il disco di questo senso di appartenenza ad una classe proletaria e non dovrebbe stupire visto che i Rocky Horror come la musica che fanno provengono proprio da un ceppo sociale di rivoluzione e contestazione. I tanti dimenticati centri sociali: ecco il vero habitat di opere come queste.
Dunque brani come Godzilla mettono al “rogo” i supereroi e i finti VIP di questa società. Bellissima intro di Non è un crimine, soluzione quasi innovativa anche nei suoni per i nostri, con questo disegno di chitarra, un carattere di basso niente male davvero e il prezioso arricchimento di questi pattern digitali. E poi Foggia a mano armata con il nuovo ingresso di DJ Blast che di nuovo sancisce il limite invalicabile del concetto di appartenenza.
Si scorre così fino alla bellissima chiusa con Social Karma (richiami inevitabili) prima sfacciato attacco alla solitudine omologata dei nuovi modi di vivere sociali che abbiamo. Di nuovo appartenenza, di nuovo ritorno, di nuovo voglia di essere uomo semplice tra i gli uomini.
I Rocky Horror si sono fatti meno americani e meno crossover – stando alla didattica di questo termine – e con Un salto nel buio cercano il consenso popolare non rinunciando alle sante origini del “metal”. Le virgolette sono opportune che qui i dotti di ogni categoria potrebbero aver molto da ridire, noi che di etichette e similitudini viviamo ogni giorno.
Un disco che ovviamente ha carattere e grinta ma che semina con mestiere e gusto messaggi davvero interessanti per ognuno di noi, qualunque sia la maschera che indossiamo per il comune vivere tra le persone. A ognuno la sua, insomma. (Alessandro Riva)
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