Collaboratore di Youssou N’Dour, Ry Cooder, Buena Vista Social Club e The Art Ensemble of Chicago, il griot Baba Sissoko è stato il primo artista maliano ad aggiudicarsi l’Obaland Royal Award quale “miglior musicista africano di jazz del 2018”.
Intervista a Baba Sissoko
Cosa vuol dire per un artista africano fare musica oggi? E cosa sta cambiando musicalmente e culturalmente oggi in Africa?
Per me, da artista africano, fare musica significa portare un messaggio, far conoscere la mia cultura musicale di origine, averla sempre come fonte di ispirazione per contaminarla con altre forme musicali, far conoscere sonorità diverse e far capire che in fondo la musica è soltanto una e universale. In Africa come altrove la musica è in continua evoluzione ma il mio messaggio è quello di non perdere mai le proprie origini, la propria cultura e le proprie tradizioni. L’incontro, le contaminazioni, i “metissaggi” vanno benissimo ma con l’attenzione sempre incentrata sulla propria identità.Che cosa significa per te fare musica e quali sono i suoi riferimenti?
Sono un Griot del Mali, musicista e polistrumentista; sono nato in una famiglia di Griot, che nella mia tradizione sono coloro che tramandano oralmente le tradizioni e la cultura del nostro paese attraverso la musica. Sono nato musicista. Ho imparato fin da piccolo a suonare diversi strumenti; prima con i miei nonni Djeli Maka Sissoko, Djeli Baba Sissoko e Djeli Djatourou Sissoko e poi con i miei genitori. I miei riferimenti sono senz’altro loro e tutto ciò che ho appreso in famiglia; a questo ho aggiunto la mia voglia e capacità di confrontarmi e di inserire il suono dei miei strumenti tradizionali in altri generi e stili musicali. Ho suonato il mio tama o il mio ngoni con musicisti jazz, blues, rock, ed anche nella musica classica proprio perché la musica per me non ha barriereStilisticamente come definiresti la tua musica e chi ti ha ispirato, quali sono le tue influenze musicali?
Alcuni mi catalogano nel genere “World music”, accetto questa etichetta ma nell’accezione letterale del termine nel senso che la mia è una musica mondiale ovvero aperta al confronto e all’incontro con tutti gli altri generi musicali. Anzi, per me la musica non ha generi; la musica è la musica! E la mia musica è il frutto di quello che sono perché mantiene le radici lì dove sono partito e si è evoluta grazie a tutti gli incontri e i confronti con i musicisti che ho incontrato nel corso della mia carriera.
(La redazione)
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