Nonostante celebrino 20 anni di onorata carriera come band, The New Mastersounds, quartetto funk-soul originario di Leeds in Inghilterra ma ormai presenza fissa nel circuito dei festival statunitensi, non dimostrano affatto la loro età.
Il gruppo fondato dal chitarrista Eddie Roberts non solo continua a sfornare musica a un ritmo impressionante (nel corso del 2018 hanno fatto uscire ben due dischi: la collezione di inediti Renewable Energy e l’album registrato dal vivo The Nashville Session 2), ma sembra persino migliorare ogni anno che passa, come se la band fosse una sorta di Benjamin Button del funk.
Nel nuovo album Shake It, pubblicato lo scorso 13 settembre dalla Color Red Records, etichetta fondata dallo stesso Roberts, i nostri si esprimono con l’entusiasmo e la freschezza di adolescenti, seppur mostrando una tecnica da veterani (quali sono).
Shake It segna una svolta importante per la band inglese, che prende le distanze dalle sofisticate strumentali jazz-funk-fusion con cui ci avevano abituati negli anni passati, per approdare verso lidi decisamente più ritmati. Fondamentale in questo cambiamento è stata l’aggiunta di un quinto elemento, il cantante afro-americano Lamar Williams Jr. che con la sua voce calda e ruvida dona quel tocco autentico di soul che in precedenza mancava.
Con questo disco la formazione trae a piene mani dal soul e dal funk, spaziando dal groove contagioso della title track al blues-funk evocativo di New Orleans degli anni ‘60-’70 di Let’s Go Back, passando per le inflessioni afro-latine di Taking Me Down. E se Live Life Free preme sull’acceleratore, con Lamar che viaggia a ritmo sostenuto su un brano soul-jazz uptempo dove spiccano i virtuosismi dell’organo hammond, On The Up (SKA) invece, una dei tre brani strumentali presenti sull’album, si lascia contaminare da ritmi ska, mentre Too Late To Worry, infine, lascia spazi a momenti decisamente più contemplativi.
Shake It, in definitiva, festeggia l’invidiabile carriera dei New Mastersounds con un viaggio ricco di sorprese e scoperte, senza mai farci perdere la bussola del groove dalla prima all’ultima nota. (Adaja Inira)
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