Ascolto divertente, intenso, romantico e nostalgico quello che mi si propone con il nuovo disco di Luca Marino, cantautore “errante” come ama definirsi nelle note di stampa. Sono nove inediti che suonano di mille colori e profumi tutte però legate da caratteristiche assolutamente riconducibili alla penna che è propria dell’artista, esordiente a Sanremo nel 2010.
Si intitola Vivere non è di moda è dentro ci troviamo la classica scrittura indie pop come l’apertura Per venire al mondo che per pochi tratti, a pensarla con altri arrangiamenti, quasi potremmo paragonarla ad una scrittura de gregoriana. E a seguire si cambia faccia e si fa ballare le toniche di basso in una rocambolesca trama dai profumi popolari, con queste chitarre che richiamano l’America: Non va più via che nel suo divenire si fa anche digitale e nell’inciso è decisamente un pop industriale buono per visioni metropolitane.
Mi colpisce Una buona idea dove forse, denunciando un momento di debolezza della scrittura (o forse è mera citazione): qui Marino fa ricorso a soluzioni troppo conosciute e già ampiamente utilizzate, da Fabi a Bersani. Non a caso il brano mi riporta proprio a titoli come Chicco e spillo o ad una delle sue tante canzoni in cui la voce veniva confezionata proprio in questo modo. E anche nell’inciso, il suono pare smorzarsi un poco quando invece avrebbe dovuto (almeno così lo aspettavo) aprirsi in dinamiche più protagoniste.
E per non lasciarsi prevedere, il disco lascia i temi digitali da main stream e si concede una pausa da vero cantautore acustico, chitarra e voce e poco più nella romantica Io non sapevo ballare. E che dire, o meglio come prevedere, la dance anni ’90 che è racchiusa nella beat box di Enigma del non senso con questa voce perfettamente in stile!?!
Da qui il disco procede con un volo a planare sullo stile della canzone leggera italiana senza troppi sbalzi di umore e di sorprese. Troviamo Margarita che è il singolo di lancio ma troviamo anche una bellissima canzone che ha la forza di restare alla memoria: Tutta quanta l’anima. Ecco forse il momento alto di questo disco che adoro riascoltare, con questo inciso ricco di sole e di energia fresca per accompagnare un viaggio.
Canzoni leggere, canzoni di vita, canzoni di personalità. Canzoni che però forse non hanno la forza di parlarci quanto più quella di mostrarsi e forse, da nostalgico, ho sempre in mente la musica come qualcosa che accoglie il pubblico più che chiedere al pubblico ascolto, ammirazione e celebrità. Credo sia un po’ questa la fatica che fanno le produzioni di oggi. Ma punti di vista filosofici a parte, si conferma il talento estetico e compositivo di quel cantautore errante che forse, vista la carriera, con il cliché da Festival c’entra davvero poco. (Alessandro Riva)
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