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La recensione del concerto dei Godspeed You! Black Emperor a Padova | 19 novembre 2019

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I Godspeed You! Black Emperor si sono esibiti lo scorso martedì 19 novembre all’Hall, un nuovo locale alle porte di Padova di Est (ed è il terzo, nel raggio di pochi km).

Il gruppo canadese ha fatto tappa in Italia dopo due anni dall’ultima visita e dall’uscita dell’ultimo album Luciferian Towers, prodotto dall’etichetta Constellation.

Questo disco di quattro tracce, Undoing a Luciferian Towers, Bosses Hang (divisa in tre parti), Fame/Famin e Anthem for no state (divisa in tre parti) si caratterizza per le sue solite sonorità catartiche, epiche e trascendentali ma rispetto agli altri lavori della band di Efrim Menuck si dimostra un filo meno dispersivo, come se i musicisti suonassero uniti da una speciale alchimia.

Il concerto è stato aperto dalla performance di Mette Rasmussen, jazzista danese di stanza in Norvegia, che ha dimostrato com’è possibile estrarre suoni imprevisti dagli strumenti musicali, nel suo caso il sassofono. Davvero una sorpresa, ma se si va ad ascoltare un concerto dei Goodspeed You! Black Emperor, sai di non doverti aspettare musica del tutto normale.

I componenti dei Godspeed You! Black Emperor sono saliti sul palco un po’ per volta, a cominciare dal violino e dal contrabbasso, seguiti dal basso, dalle chitarre e così via fino a tutti e dieci.

La setlist è stata aperta da Hope Drone ed è proseguita ricalcando quella degli altri concerti, ad eccezione di Moya che ha portato il concerto a otto brani, davvero una bella sorpresa perché anche nei concerti di casa l’ensemble canadese si era fermata a sette.

Lo spettacolo è stato senza dubbio emotivamente coinvolgente come solo loro riescono a fare. Il sound ha rispecchiato quello di Luciferian Towers, più romantico e compatto del solito, con forti distorsioni sonore sempre presenti nella musica della band canadese, che segue un determinato schema.

I brani dei Godspeed You! Black Emperor sono scritti per vivere, hanno una precisa dinamica, si muovono molto chiaramente prendendo progressivamente forma.

L’intro ricca di distorsioni è piuttosto cauta, un po’ come il vento che annuncia tempesta e si insinua tra le fronde degli alberi proiettati sullo sfondo e poi diventa di una tempesta travolgente. C’è una parte pacifica che d’un tratto diventa una galoppata sul pentagramma, si attenua portandoti a navigare sul più pacifico degli oceani e finisce per poi travolgerti in una picchiata disperata.

Alle volte i musicisti danno l’impressione di perdersi singolarmente seguendo un loro percorso, proprio come se ognuno suonasse quello che gli va, smentendoti all’improvviso trovando una unione strepitosa in un epico finale.

Efrim Menuck, Mauro Pezzente e Co. suonano nell’ombra, d’altro canto non vai ai loro concerti per vederli ma per ascoltarli, la protagonista indiscussa è la musica e l’atmosfera che riesce a creare, ricca di pathos. E così come sono arrivati, uno alla volta lasciano il palco a un suono distorto e assordante, lasciandoci complici passivi di un sistema che si sta sgretolando, come descritto sulla loro pagina ufficiale di Bandcamp. (Alessandro da Rin Betta)

Setlist
1. Hope Drone
2. Bosses Hang
3. Glacier
4. Fam/Famine
5. Undoing a Luciferian Towers
6. Cliff
7. Moya
8. BBF3


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