Dieci anni di grande carriera per il collettivo di musica popolare pugliese fondato e guidato da Francesco Sossio Sacchetti. La Sossio Banda festeggia oggi con un nuovo disco dal titolo esemplare di Ceppeccàt che in pugliese si può tradurre come “che peccato” o anche come “c’è peccato”. In ogni caso è il peccato il vero protagonista di queste sette tracce come sette sono i vizi capitali.
L’uomo nella sua fragilità, l’uomo avaro, invidioso, in preda all’ira, all’accidia e quant’altro di contorno ci sono storie, ci sono momenti quotidiani, ci sono personaggi di ogni giorno. C’è il suono che spazia oltre i confini delle bande pugliesi ricche di fiati, suono che arriva in Grecia e in Turchia, che si macchia di qualche buona soluzione cantautorale come la dolcissima Lui e lei – Lussuria che ha quel magico retrogusto di antichità fiabesche o la chiusa affidata a Chisse so lauree – Superbia dove a tratti vengo spedito tra i crocevia di popolazioni di confine con questo sax alto che mi regala il magico mondo di Avitabile macchiandolo con importanti soluzioni progressive, cambi di ritmo e inaspettate dinamiche.
Probabilmente è l’ultimo l’istante quello più interessante di tutto l’ascolto che non a caso pone le sue radici nella superbia. La Sossio Banda si dimostra capace di reggere un equilibrio assai fragile: da una parte il rispetto e la devozione ad un certo dettato tradizionale, fatto di strumenti e di scritture. Dall’altro, guarda con fresca energia e novità al nuovo mondo, a questo presente senza offendere lo stile con eccessi di esuberanza compositiva e voci dall’estetica incoerente. Un disco davvero molto interessante. (Alessandro Riva)
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