Metto in circolo il nuovo lavoro del duo formato da Beppe Dettori e Raoul Moretti di cui avevo ampiamente conosciuto le potenzialità liriche e spirituali in quel prezioso viaggio che partiva dalla tradizione sarda, ricco di contaminazione ma soprattutto di sperimentazione che è S’incantu ‘e sas cordas sempre firmata da Uncas Edizioni Musicali.
Il suono nasceva dalle radici classiche per poi prendere devianze imprevedibili. Ed è quello che accade, se vogliamo con una forza umana maggiore, in questo piccolo gioiello che il duo dedica a un’icona del canto spirituale sardo: Maria Carta, attrice, scrittrice ma soprattutto cantante originaria di Siligo.
Il disco che gira si intitola (IN) Canto Rituale – Omaggio a Maria Carta in cui sono custoditi 7 omaggi alla sua carriera musicale più la traduzione in forma canzone di una sua poesia dal titolo Ombre contenuta nel libro Canto rituale, credo l’unica raccolta di sue poesie edita nel ’75.
Il tutto accade dentro un regime libero di condivisione e di incontro. I suoni classici anche in questo caso prendono derive inaspettate: mi colpisce l’uso in slide dell’arpa di Raoul Moretti nel brano Deus ti salvet maria, preghiera che si fa laica, americana e folk in questa introduzione acustica ma che presto tramuta in una danza pagana che mi rimanda alla pizzica.
Così come in A bezzos de iddha mia che si lascia introdurre da un mood cavernoso e ancestrale di quest’arpa suonata ad arco che quasi richiama gli aborigeni e i loro didgeridoo ma che poi si dipana forse nell’unico vero momento internazionale e leggero del disco. L’opera nel suo complesso è ricchissima di queste evoluzioni quasi antitetiche tra loro anche grazie al tanto spazio a disposizione visto che le composizioni sono quasi sempre più lunghe di 5, 6 minuti.
Sono “(in)canti” davvero suggestivi capaci di farci vivere in momenti e paesaggi diversissimi tra loro, nel tipo e nello spazio. Su tutte la delicatezza di Corsicana, questo sapore di mare si fa realtà cittadina, questa condizione umana di povertà arriva sporca e dura come pietra, fastidiosa e poetica coma la salsedine. Questo disco sarà l’opportunità di riscoprire, anzi per molti di conoscere per la prima volta, l’arte e la scrittura di Maria Carta. Ma soprattutto la possibilità di poter fare un viaggio senza confini di tipo e di spazio, nel suono e nella grazia di un disco davvero alto. (Alessandro Riva)
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