"Canvas One", fresco di uscita in formato digitale a nome del progetto Inner Prospekt, raccoglie oltre un’ora di musica che ha tutto quello che serve per mandare in sollucchero le vecchie cariatidi del “io c’ero” così come i ragazzi che si avvicinano con sempre più fame di sapere a un modo di fare musica che nei suoi campioni attuali – penso a Steven Wilson – hanno svecchiato gli schemi e aumentato lo spettro dei potenziali follower.
Se lo stato di salute di un genere musicale è determinato prima di ogni altra cosa dalla qualità delle uscite discografiche che lo rappresentano, allora il prog rock non teme neppure la prossima mutazione del Covid.
Canvas One, fresco di uscita in formato digitale a nome del progetto Inner Prospekt, raccoglie oltre un’ora di musica che ha tutto quello che serve per mandare in sollucchero le vecchie cariatidi del “io c’ero” così come i ragazzi che si avvicinano con sempre più fame di sapere a un modo di fare musica che nei suoi campioni attuali – penso a Steven Wilson – hanno svecchiato gli schemi e aumentato lo spettro dei potenziali follower.
Alessandro Di Benedetti, tastierista di rara bravura tecnica e compositore intelligente, motore di Inner Prospekt, non appartiene alla scuola del messia di Hamelin alla quale si sono iscritti in tantissimi, anzi è talmente innamorato del Prog degli anni d’oro al punto di avere fatto coming out intitolando uno dei suoi lavori Dreaming Tony Banks.
I Genesis non potrebbero dunque non ammiccare qui e là, tra le tracce di Canvas One, e i Renaissance seguire a ruota e non solo per la copiosa presenza di voci femminili di grande fascino. Ma ciò non rende Di Benedetti un passivo fautore di quella branca del genere che va sotto il nome di retro-prog.
Non lo è, non segue il solco tracciato da Wilson e dai numerosi emuli, e alla fin fine mette talmente tanti elementi disparati – per ispirazione, arrangiamento, esposizione narrativa, perfino durata: dai 14’ al frammento di poco più di un minuto – che viene voglia di affermare senza paura di prendere una topica che Inner Prospekt è soprattutto fedele a sé stesso e alla proprie scelte estetiche.
Doti apprezzate da chi, dalla stessa parte della barricata, ha orecchie buone per intendere, dato che gli italo/finlandesi The Samurai of Prog hanno chiesto a Di Benedetti di usare in anticipo per i loro dischi Anime d’inverno e The Land of the Fools, due tra i brani più articolati di Canvas One che il tastierista romano nella sua più attuale versione ha rivestito di ulteriore lucore.
Punto di non ritorno non è da meno – probabilmente il vertice assoluto del lavoro – e gli altri brani dal respiro più breve e relativamente semplificato – imperlati dalle prove impeccabili di musicisti e cantanti scelti con evidente oculatezza – si avvalgono della grammatica più corretta del genere (Goin’ Down Under, Deep Down Orchestral Rendering) ma anche di sintassi che occhieggiano altri orizzonti (Sometimes, From Her Side, L’errore).
Se Canvas One si può prendere come cartina di tornasole dello stato attuale del Prog rock, allora questi scoppia di salute. (Andrea C. Soncini)
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