Il cantautore Chiaradia ci parla della sua musica e del suo terzo album "Primo Vere".
Chiaradia è un cantautore trevigiano che mescola folk e cantautorato italiano con uno stile chitarristico ?ngerpicking. Il suo esordio. Seriamente Ironico, è del 2014.
Nel 2015 ?rma con la Bollettino Edizioni Musicali di Riccardo Vitanza il suo secondo disco Sogni al microscopio.
Apre i concerti di Omar Pedrini, Giulio Casale, Pierpaolo Capovilla e collabora inoltre a un reading dello scrittore Francesco Vidotto.
Dal 2018 conduce la trasmissione radiofonica rock “Direzione Obliqua” su Radio Palazzo Carli ora su Radio Veneto Uno.
Nel 2019 viene selezionato nuovamente per Musicultura con il brano Ancora Spazio e per il Premio Pierangelo Bertoli, dove arriva tra i quattro ?nalisti nella sezione Nuove proposte, esibendosi prima di Ligabue e PFM.
Il suo terzo disco Primo Vere pubblicato da Vrec/Audioglobe nel 2020. Qui il risultato della nostra chiacchierata. Buona lettura. (La redazione)
Intervista a Chiaradia di Lorenzo Capitani
Ciao, da dove parte il progetto Chiaradia?
Ciao! Semplicemente dalla voglia di scrivere canzoni, o raccoglierle nel cappello quando piove, come dice Tom Waits. Sono cresciuto e vivo nel trevigiano, dove la scena cantautorale non è mai esplosa. Anche se ci sono tanti bravi cantautori. Forse beviamo troppo Prosecco o forse è la nostra dizione “obliqua”. Oppure entrambe le cose assieme.
Quali sono le principali difficoltà di un cantautore emergente oggi?
In teoria non ce ne sono. I social rendono tutto condivisibile e fruibile istantaneamente. Nella pratica però non c’è spazio. La musica è uno zaino pieno dove continuiamo a ficcare merendine. E parecchie ormai sono immangiabili.
Ascoltando il tuo ultimo disco mi rendo conto che sei anni luce distante dai vari cantautori indie, secondo te la bellezza paga
Dipende da cosa si vuole. O, soprattutto, cosa non si vuole. Gianmaria Testa è stato uno dei più grandi cantautori italiani (e non solo) e per cinquant’anni lavorò come capostazione alla ferrovia di Cuneo. Di bellezza non me ne intendo. Citando Lucinda Williams: ”Se cercate la perfezione, avete sbagliato concerto”.
Raccontaci del tuo ultimo disco, com’è nato?
È nato da alcuni bisbigli luminosi che mi tarlavano i timpani. Prevalentemente di notte, quando avevo paura, della vita, in linea di massima. Registrato in tre giorni, quasi in presa diretta, con dei musicisti eccezionali come Enrico Casarotto, Luca Colussi e Andrea Ghion presso il Virtual Studio di Andrea De Marchi. Con Marco Olivotto e Gabriele Bonato abbiamo dato una veste grafica al tutto, ed è stato pubblicato dalla storica Vrec di David Bonato e distribuito da Audioglobe.
Hai annullato concerti programmati? Potremo rivederti dal vivo?
Sì, ne avevamo organizzati a Milano, Roma e Firenze, club dove si possono ancora ascoltare i cantautori. Ma ovviamente è saltato tutto. Ci saranno e ci ri-saranno. Sempre.
Con chi ti piacerebbe collaborare?
Samuele Bersani, Giulio Casale, Iron and Wine. Ce ne sarebbero tanti.
Progetti futuri?
Ho partorito un libro di poesie, anche se suona sempre pretenzioso chiamarle così. Diciamo “componimenti”. Spero possa essere pubblicato per fine anno. Ma non c’è fretta. E ovviamente canzoni, per resistere.
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