«Proserpine» di Sara Baggini (aka Augustine) è un disco dalle atmosfere cupe, lisergiche e oniriche, illuminate talvolta da improvvisi lampi di luce.
Sensazioni di antichi presagi e mitologie notturne dietro il suono dolcemente acido e post-apocalittico di Augustine, al secolo Sara Baggini che sforna un nuovo disco questa volta ampiamente prodotto dal titolo Proserpine, ovvio rimando al mito greco a cui riconduciamo la nascita delle stagioni.
E l’allegoria qui diviene ricca di altre chiavi di lettura che la stessa Augustine culla nelle sue liriche: culla gli estremi come la morte e la rinascita che poi trovano spazio in una codifica di vita quotidiana soprattutto oggi che tanta realtà ci è stata possibile vederla solo attraverso una finestra. E dunque si parla anche di distanza, di isolamento, di una solitudine in cui contemplare e ritrovarsi.
Proserpine sfoggia un dark folk dolcissimo anche dentro momenti di maggiore ostinazione, ci richiama alla mente le dannate trame metropolitana di una Patti Smith quando canta brani come How to Cut your Veins Correctly, diviene cattedratica e apocalittica nelle vocalità di Moments of Pleasure and Joy.
E poi troviamo la sottilissima quiete dentro le piccole cose di canzoni come Good News che un poco accarezzano l’incanto favolistico di Joni Mitchell se non fosse per le soluzioni corali che prendono derive altre (e qui le citazioni di merito sarebbero numerosissime).
Ma l’orecchio gioca anche strane assonanze e non vorrei essere preso per pazzo ma risento i REM che cantano ballate antiche come Chorus and the Ring quando Augustine si misura con soluzioni più quotidiane dentro una splendida Adonis.
Il vero quid del disco però lo rintraccio nelle numerose smagliature orientali, anche complice la sua voce e qui il singolo Pegan mette chiaramente in mostra questo aspetto, unitamente a tanti arrangiamenti davvero gustosi sparsi durante tutto l’ascolto dentro cui imperano i mitici suoni di moog e rhodes ma anche suoni digitali che mai risultano ridondanti e incoerenti.
Un grande applauso va fatto anche al bellissimo video che accompagna Anemones, dove ci viene facile dare un volto non solo alla voce ma soprattutto al suono antico e celebrativo di questo disco. Un suono italiano che arriva da quella forma canzone che si nutre di folk internazionale, dalle distorsioni concettuali di PJ Harvey alle più morbide melodie di Hope Sandoval. E di nuovo, la lista sarebbe assai lunga. Intanto lascio girare questo bellissimo disco di Augustine, voce di casa nostra. (Alessandro Riva)
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