Il 4 febbraio 2022 è uscito per Tapete Records «The Highest In The Land», l'ultimo album a firma The Jazz Butcher dell'artista inglese Pat Fish, scomparso per malattia il 6 ottobre 2021 all'età di 63 anni.
Non capita spesso che un artista riesca a fare come Bowie incidendo, consapevolmente, il proprio epitaffio personale nei solchi del suo ultimo album.
È accaduto a Pat Fish, uno dei più più brillanti, poetici e sarcastici musicisti della scena musicale britannica con The Highest in the Land, fatica postuma a firma The Jazz Butcher uscita il 4 febbraio 2022 per l’etichetta tedesca Tapete Records.
Come avrete potuto leggere su queste pagine, e pochissime altre nel web, il 6 ottobre del 2021 è venuto a mancare a soli 63 anni Pat Fish, cantante e leader della storica formazione britannica The Jazz Butcher nata a Oxford nel 1982 su iniziativa dello stesso Fish e Max Eider.
Fin dagli esordi i Jazz Butcher hanno incarnato – grazie al suo leader – un’estetica decisamente ironica e anti-rock. Del resto, in un ambiente artistico in cui tutti fingono di essere ciò che non si è davvero, Pat Fish al contrario ha sempre dimostrato che si può fare buona musica anche non prendendosi troppo sul serio, mostrandosi agli occhi di tutti (o pochi, a seconda del punto di vista) un personaggio intelligente, divertente, erudito e perfino senza pretese.
Un atteggiamento, quello di Mr. Fish, decisamente poco ambizioso e interessante per i grandi media e per l’industria discografica che conta, al punto da comprometterne l’interesse e dunque la notorietà. Non è un caso infatti che il suo ultimo album in vita, Last of the Gentleman Adventurers del 2012, sia autoprodotto.
Una sottovalutazione che tuttavia non ha mai scalfito di un solo centimetro la scorza artistica del “Macellaio del Jazz” e che anzi, durante i suoi ultimi anni di vita, ha alimentato la sua acutezza intellettuale che è sfociata in quest’ultimo disco dal titolo The Highest In The Land.
“Per lui è stata una grande cosa che un’etichetta discografica gli chiedesse di fare un album”, dice Dhiren Basu, coinquilino di Fish a Northampton che, insieme al bassista e confidente musicale Tim Harries, è stato la cassa di risonanza per i progetti e le idee del musicista inglese. “Era qualcosa che sentiva davvero, davvero forte. Come ha detto un caro amico, le persone che ammirava veramente erano Lou Reed, Syd Barrett, John Cale e Kevin Ayers, ed erano tutte persone che non si piegavano per niente. C’era una sorta di ambizione di essere un dandy inglese con quella natura intransigente di dire semplicemente: io sono qui per fare questo.“
Tra commoventi canzoni personali come Never Give Up o Goodbye Sweetheart e altre più opache come la title track, gran parte di The Highest in the Land è intriso di giusta ira per il percorso isolazionista intrapreso dal Regno Unito negli ultimi tempi, mentre Running on Fumes e Sebastian’s Medication potrebbero essere le analisi più acute circa lo stato della Brexit.
Tra invettive e parallelismi storico-politici talvolta estremi e poco confacenti, nel disco c’è anche spazio per raccontare, con Sea Madness, la commovente storia di un immigrato.
“Pat era un internazionalista”, continua Dhiren Basu. “Penso che si sentisse molto più vicino all’Europa che al suo stesso Paese. È sempre stato molto politico, come la maggior parte delle persone intelligenti che hanno un senso di giustizia. Sarebbe sempre stato un intellettuale di sinistra”.
D’altronde non è senza ironia che una carriera iniziata sfidando argutamente gli anni della Thatcher potesse finire all’ombra dell’era Johnson.
In qualche modo The Highest in the Land potrebbe essere il nuovo A Scandal in Bohemia del 1984 e, in termini musicali, sembra la chiusura di un cerchio: un disco basato sulle registrazioni dal vivo di una band composta da Fish, Dave Morgan alla batteria e Tim Harries al basso, con il contributo di una serie di musicisti tra cui il membro fondatore Max Eider.
Sebbene la morte possa essere arrivata all’improvviso, Pat Fish – scrive la Tapete Records – era stato sottoposto a un trattamento approfondito per il cancro, per cui il tema della mortalità incombeva pesantemente sul processo di scrittura.
Quando sono iniziate le registrazioni negli studi Dulcitone di Lee Russell nella zona rurale del Northamptonshire nel giugno del 2021, Russell aveva “l’impressione che questo sarebbe stato il suo ultimo disco“. Ed è stato così, nonostante Pat Fish vivesse con intelligenza, ironia ma non senza amarezza in attesa del suo caffè e del prossimo live streaming sulla sua pagina Facebook. (La redazione)
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