A poco più di due anni dall'album di debutto «Scheming», il quintetto inglese The Jazz Defenders pubblica il secondo disco «King Phoenix».
A poco più di due anni dall’album di debutto Scheming, il quintetto di Bristol, The Jazz Defenders, pubblica il secondo disco King Phoenix, ed è una vera rinascita post-lockdown.
Guidato da uno dei più formidabili pianisti jazz del Regno Unito, George Cooper (che è anche membro di Abstract Orchestra e The Haggis Horns), il gruppo ci aveva abituati ad una esecuzione impeccabile e una buona dose di personalità nell’interpretare il classico stile Blue Note degli anni ’50 e ’60.
Con il nuovo album King Phoenix però, i Jazz Defenders compiono un bel salto evolutivo e spaziano agilmente tra jazz e soul-jazz classico, ritmi brasileri, atmosfere cinematografiche, e persino hip hop, grazie ai featuring del rapper americano Herbal T e l’attore ed MC inglese Doc Brown.
L’album inizia con Wagger Jaunt e Munch, due brani dal sapore soul-jazz fine anni ’60, il primo caratterizzato da una alternanza di assoli di fiati e tastiera, il secondo con un groove d’organo che sembra trasportare l’ascoltatore al Ronnie Scott’s di Soho. Con The Oracle però si sterza verso territori da colonna sonora, a metà tra western e dramma, con un lussureggiante arrangiamento di archi che rimanda ai colossal del passato.
Ci sono anche i ritmi della bossanova, in Saudade e Love’s Vestige (che era anche uscito come 45 giri la scorsa estate), e tocchi di jazz più classico in Twilight e From The Ashes, ambedue pieni di assoli e virtuosismi, che fanno da ponte col primo album. Ma la vera novità per chi non è stato attento avviena a circa metà disco, con il brano Perfectly Imperfect, che inizia con un groove di contrabbasso e batteria su cui si stratificano poi la tastiera e la voce di Doc Brown che rappa di amore e relazioni con la sua caratteristica cadenza londinese.
In realtà questo connubio tra jazz e hip hop i britannici The Jazz Defenders ce lo avevano anticipato a novembre 2021 con l’uscita di Live Slow, che a dispetto del nome non è affatto lenta, ma una bella fetta di uptempo soul-jazz, che il rapper americano Herbal T trasforma in una critica alla velocità con cui si muovono le cose oggigiorno, e che chiude il nuovo album.
Un album, King Phoenix, che segnala il ritorno dei Jazz Defenders in grande spolvero dopo due anni di stop forzato. Anni che evidentemente sono serviti per ampliare i loro orizzonti musicali, senza però mai perdere la loro identità. (Adaja Inira)
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