I bolognesi Pin Cushion Queen con «Stories»

Una raccolta di dieci brani composti in periodi diversi e con intenzioni, suggestioni e influenze altrettanto diverse.

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Stories è il nuovo album dei Pin Cushion Queen, una raccolta di dieci brani composti in periodi diversi e con intenzioni, suggestioni e influenze altrettanto diverse.

Alla varietà tra i brani si oppone, però, l’impressione di un’unica matrice, un modo di fare riconoscibile, un paesaggio comune: la dimensione di Stories si potrebbe descrivere come quella di un sogno senza certezze, in cui si passa velocemente da una scena all’altra.

Da racconti labirintici a singole maschere immobili si attraversano episodi violenti, convulsi (Still), per poi finire fra sussurri malinconici e ambigui (Little Boy, Thick Black Mud), dichiarazioni d’amore nascoste dietro un incedere deciso e sprezzante (Ghost & Witch) e fiabe oscure alla Tim Burton; mentre in altri momenti ci si ritrova sospesi a mezz’aria tra tamburi in corsa e rade nuvole elettroniche (Hiccoughs, Hindrance).

Ma è sempre lo stesso sogno e tutto è legato insieme da un’inquietudine implicita, tensione persistente, dubbio che trattiene il respiro. La nebbia fitta, in cui si perdono i contorni e non sai se essere curioso o prudente, si dirada solo nel finale di The Expedition, il brano che chiude il disco e in cui sembra di poter riaprire gli occhi.

Ogni traccia cerca di mettere a fuoco, fotografare e restituire una propria immagine anche se sono innegabili delle costanti; Stories – pubblicato il 29 ottobre 2022 su etichetta Locomotiv Records – è un insieme di più possibilità, come se il punto di vista fosse lo stesso, un perno che permette di girare lo sguardo intorno inquadrando scene differenti.

Alcune costanti sono le melodie larghe, la presenza di dilatazioni elettroniche che creano campi lunghi, batterie e percussioni acustiche in quasi tutte le tracce e l’uso di più voci per effetti corali.

Dall’altro lato, il singolo pezzo è un episodio autonomo e autoconclusivo, ognuno racconta una sua “storia”, intesa come sequenza di tensioni e rilasci che formano un senso compiuto alla fine della quale mettere un punto. Da qui il titolo. La parola non rimanda, quindi, ai testi che in effetti non raccontano storie: il termine è usato come analogia che si riferisce all’effetto complessivo e non alle parole cantate. (La redazione)

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