Ritmi latini e la magia del jazz anni '60 e '70
Ritmi latini e la magia del jazz anni ’60 e ’70 danno il via a questa stagione di nuove uscite discografiche con Point Of No Return, il secondo disco solista di Malcolm Strachan, trombettista scozzese membro fondatore della rinomata combo funk The Haggis Horns.
Già turnista con artisti del calibro di Mark Ronson, Amy Winehouse, Corinne Bailey Rae, Jamiroquai, e molti altri ancora, Malcolm Strachan esordisce come solista nel 2020 con l’album About Time e ora 3 anni dopo lancia un nuovo lavoro, sempre con una line-up che include molti dei membri di The Haggis Horns.
Point Of No Return copre un ampio spettro di stili jazz: si apre con la brasiliana Nossa Dança, una samba uptempo a cui il guest singer Jo Harrop aggiunge una sorta di scat seguendo le melodie dei fiati. Harrop appare anche su The Wanderer, una fetta rilassata di Brazil groove con un susseguirsi di assoli meravigliosi.
Ci sono poi due tappe verso il jazz-funk stile anni 70; Soul Tripsi apre con solo un richiamo di contrabbasso, per poi far entrare le congas, batteria, pianoforte, e i fiati, in un crescendo ipnotico. E anche in Maybe Next Time le atmosfere sono quelle delle rinomate registrazioni di label storiche come CTI.
Elaine è un brano orchestrale a metà tra bossanova ed exotica, mentre la ballata The Last Goodbye sembra uscita direttamente dalla colonna sonora di un film. Ultima ma non per importanze, Cut To The Chase è un’irresistibile brano latin jazz che ha fatto da singolo e apripista per il disco.
Il secondo album è sempre una tappa importante e difficile, ma trattandosi di un vero veterano della scena, non sorprende che Point Of No Return di Malcolm Strachan riesca ia fare quello che si prefigge ogni secondo disco: superare, per quanto possa sembrare difficile, il livello del primo. Missione riuscita. (Adaja Inira)
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