Il 19 dicembre 2024, la giornalista Cecilia Sala è stata arrestata a Teheran mentre lavorava su un podcast dedicato al patriarcato e al dissenso. Detenuta in isolamento nella prigione di Evin, il suo arresto è una grave violazione della libertà di stampa. Il giornalismo non è un crimine: liberate Cecilia Sala.
Il caso dell’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala a Teheran il 19 dicembre 2024 rappresenta una grave violazione dei principi universali di libertà di stampa e diritto all’informazione. La Sala, che si trovava in Iran con un visto giornalistico per realizzare nuove puntate del suo podcast Stories, è stata arrestata e successivamente detenuta in isolamento nella prigione di Evin, tristemente nota per la detenzione di oppositori politici e cittadini stranieri.
L’arresto, avvenuto pochi giorni dopo il fermo in Italia di un ingegnere iraniano su richiesta degli Stati Uniti, è stato confermato ufficialmente dalle autorità iraniane, che hanno accusato la giornalista di violare le leggi della Repubblica islamica. Questo episodio solleva interrogativi inquietanti sulla libertà di stampa e sul rispetto dei diritti umani, sanciti dall’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Il giornalismo non è un reato: è il fondamento della trasparenza, della giustizia e della democrazia. Arrestare una giornalista per il suo lavoro non solo viola principi fondamentali, ma rappresenta un attacco alla libertà di espressione. Per questo, il nostro appello all’Iran è chiaro e urgente: liberate Cecilia Sala e rispettate il diritto alla verità.
Il 19 dicembre 2024, la giornalista italiana Cecilia Sala è stata arrestata a Teheran, in Iran, mentre si trovava nel paese con un visto giornalistico. L’arresto è avvenuto tre giorni dopo che l’Italia aveva fermato, su richiesta degli Stati Uniti, l’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi presso l’aeroporto di Malpensa.
Sala è attualmente detenuta in isolamento nella prigione di Evin, nota per ospitare oppositori politici e cittadini stranieri. La notizia è stata resa pubblica dal Ministero degli Esteri il 27 dicembre 2024, giorno in cui l’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, ha visitato la giornalista in carcere.
Nei giorni precedenti, Cecilia Sala si trovava in Iran per lavorare su nuove puntate del podcast Stories, già dedicato al patriarcato e alla repressione del dissenso nel Paese. Il 30 dicembre 2024, l’agenzia statale iraniana IRNA ha confermato ufficialmente l’arresto, riportando un comunicato del Dipartimento generale dei media esteri del Ministero della cultura e dell’orientamento islamico, in cui si affermava che la giornalista Cecilia Sala era stata fermata per violazione delle leggi della Repubblica islamica dell’Iran.
Il giornalismo non è un crimine, ma un pilastro fondamentale della libertà di informazione, come sancito dall’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e garantito dal diritto internazionale.
“Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato perla propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”.
Arrestare una giornalista per il suo lavoro è una grave violazione dei principi universali di libertà di espressione e diritto all’informazione, sanciti dall’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Il giornalismo non è un crimine, ma un elemento essenziale per garantire trasparenza e giustizia nelle società.
Chiediamo con forza alle autorità iraniane di rispettare questi valori fondamentali e di porre fine alla detenzione di Cecilia Sala. Il nostro appello all’Iran è chiaro: liberate immediatamente Cecilia Sala e garantite i diritti fondamentali di chi svolge un lavoro cruciale per la verità. (La redazione)
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