L'articolo di Aldo Cazzullo sul Festival di Sanremo 2025 offre un'analisi sentimentale e politica più che una critica musicale sulle prime cinque canzoni classificate.
Sanremo 2025
Aldo Cazzullo è, senza dubbio, un giornalista brillante e preparato. Tuttavia, quando si avventura nel mondo della critica musicale – come ha fatto sulle pagine del Corriere della Sera del 17 febbraio 2025, analizzando in maniera approssimativa le prime cinque canzoni classificate al Festival di Sanremo – il risultato è un curioso mix di giudizi personali, luoghi comuni e un’abbondante dose di sentimentalismo.
Naturalmente, nessuno gli nega il diritto di esprimere la propria opinione: la musica appartiene a tutti e vivaddio – questa volta è il caso di dirlo – chiunque ne può parlare. Ma se si sceglie di farlo con l’autorevolezza di un critico e sulle pagine di un quotidiano nazionale come il Corriere, sarebbe auspicabile almeno una discreta preparazione e conoscenza in materia, così come ci ha finora abituati in televisione e sui libri. Invece, ciò che emerge dall’articolo di Cazzullo è un’analisi che si muove tra opinioni generiche, al limite di un gusto dichiaratamente nazionalpopolare e perfino qualche contraddizione.
Prendiamo, ad esempio, il suo giudizio su Balorda nostalgia di Olly, definita una canzone che “nasce vecchia”, un «mix tra la celeste nostalgia di Cocciante e la nostalgia canaglia di Al Bano», con richiami addirittura ai papaveri e alle papere degli anni ’50. Una “canzone vecchia” come quella dei Måneskin che vinse a Sanremo 2021 e che «pareva una cover del rock anni ’70». Tutto ciò per poi dire che, in fondo, per le nuove generazioni è qualcosa di nuovo e che «quindi va bene così, è giusto che li televotino». Mancava solo: “Ai miei tempi…”
Quando invece si parla di Lucio Corsi, il giornalista cambia tono: Volevo essere un duro viene celebrata come una rivelazione, con una vena passatista che, in questo caso, non sembra essere un problema. Dunque, la nostalgia è un difetto per Olly, ma un pregio per Corsi? Un principio musicale piuttosto elastico. Fermo restando che noi qui preferiamo l’attitudine e lo stile di Corsi, che seguiamo fin dagli esordi e che non scopriamo di certo a Sanremo.
Poi arriva la lapidaria “riflessione” su Fedez. Cazzullo lo definisce “un artista vero”, a prescindere dalle polemiche. Un giudizio che sembra più un atto di legittimazione che una vera analisi musicale. Ma tant’è, il giornalista sente il bisogno di confermare il rapper come presenza imprescindibile del panorama musicale italiano, senza troppe spiegazioni.
Dove l’articolo si fa più lirico è nel commento alle canzoni di Brunori Sas e Simone Cristicchi. Il primo viene lodato per aver descritto con delicatezza lo “spaesamento” dei genitori nel vedere crescere i propri figli, mentre Cristicchi, con Quando sarai piccola, viene elevato a interprete del dramma della malattia e della perdita. Nulla da dire sul valore dei testi e sul tema trattato, ma è proprio qui che Cazzullo abbandona ogni velleità critica per scivolare in una lettura puramente emotiva, dove il metro di giudizio sembra essere la capacità di far commuovere.
Infine, il punto più curioso e melenso dell’articolo è quando Cazzullo la butta in caciara politica. Il giornalista denuncia il “clima di disprezzo” che circonda Cristicchi, accusato da alcuni di essere “di destra” per aver parlato delle foibe e criticato la gestazione per altri. Su questo Cazzullo si lancia in una difesa appassionata, che sembra però più politica che musicale. La riflessione sulla libertà dell’arte è legittima, ma il tema si sposta completamente dal contesto sanremese, trasformandosi in un excursus sulla crisi delle categorie politiche e sul diritto degli artisti di esprimersi senza etichette ideologiche. Giusto, certo, del resto tutto è politica. Ma cosa c’entra con l’effettiva qualità della canzone in gara?
Insomma, Cazzullo racconta molto dei suoi gusti e del suo approccio sentimentale alla musica, ma poco sulla reale qualità dei brani. Un’analisi guidata più dal pathos e dalla polemica politica che da una solida critica musicale, con qualche concessione alla retorica e un pizzico di contraddizione. D’altronde durante le giornate del festival siamo tutti “critici musicali”. (La redazione)
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✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 17 Febbraio 2025