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Calexico – Carried To Dust (2008)

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Che i Calexico di Joey Burns e John Convertino stessero incamminandosi – forse anche senza rendersene conto – verso una nuova direzione musicale ne avevamo avuto il sentore già con Feast Of Wire del 2003, un album in cui gli ex componenti dei Giant Sand iniziarono a tingere, ad arte e con piccole pennellate, una tela sonora appena più policroma e non più strettamente legata a quel suono folk roots e di frontiera a cui ci avevano abituati precedentemente con Spoke (1997), The Black Light (1998) e Hot Rail (2000). Un lavoro – Feast Of Wire – che nel giro di tre anni avrebbe traghettato la band di Tucson (Arizona) verso un sostanziale cambiamento “pop” (ascolta Garden Ruin del 2006). Una trasformazione che, oltretutto, non ci aveva neanche delusi, non solo per l’audacia dimostrata da Burns e Convertino nel sapersi rimettere in gioco ma, in particolar modo, per lo spessore delle nuove composizioni capaci di conservare, nonostante un’evidente leggerezza melodica, quel caratteristico “profumo” di tex-mex. Quella stessa “fragranza” sonora emanata da quest’ultima fatica[1] di Casa Calexico che, pur rispecchiando l’impriting di Garden Ruin, sembra rivolgere lo sguardo al passato pescando, qua e là, proprio da quel Feast Of Wire da cui erano nate le loro prime riflessioni. Ecco, quindi, che ne esce fuori un disco dalla bellezza ibrida dove agli smalti iniziali di Victor Jara’s Hands (che vede la partecipazione di Jairo Zavala) e Two Silver Trees con Nick Luca alla chitarra elettrica, fanno eco la strumentale El Gatillo (Trigger Revisited), che spilla mariachi e fischiettate morriconiane, e la languida e conclusiva ballata folk Contention City, mentre Fractured Air (Tornado Watch) mette insieme dub, rock e un sound spagnoleggiante quasi alla maniera dei Clash (un riferimento che non può che sottolineare la grandezza dei Calexico, nei confronti dei quali nutro un sopito e innegabile amore alla stregua dei R.E.M.). Numerose, infine, le collaborazioni: da Pieta Brown e Sam Bean (Iron & Wine), che cantano rispettivamente in Slowness e House Of Valparaiso, ad Amparo Sanchez che, assieme al trombettista Jacob Valenzuela, presta la propria voce in Inspiraciòn, brano che sembra uscito direttamente dal progetto Buena Vista Social Club di Ry Cooder. C’è persino la partecipazione di Vinicio Capossela in Polpo, extra track presente nel CD in versione italiana di cui purtroppo non posso dirvi nulla avendo acquistato quella americana. A tutti i nostalgici di certe sonorità della formazione di Tucson, invece, posso tranquillamente affermare che i Calexico di Carried To Dust, anche se non sono più quelli di The Black Light, continuano a piacermi lo stesso, soprattutto per quell’indiscutibile capacità di fare canzoni leggere come il vento, in grado di portare ancora con sé la polvere del deserto. (Luca D’Ambrosio)

[1]Recensione pubblicata su ML – n. 58 del 28.10.2008



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