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Bonnie “Prince” Billy – Master And Everyone (2003)

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L’amore per un disco è un sentimento reale. È qualcosa di strettamente personale che ti attraversa dentro e che non riuscirai mai a spiegare a nessuno.

L’unico artificio è provare a buttare giù dal proprio cuore quattro umili righe di recensione; tentare di tessere con le proprie mani e con la propria coscienza un’agile tela d’emozioni capace di catturarvi in un istante, rendendovi partecipi della seduzione di un’opera al di là di ogni riferimento prettamente stilistico e musicale.

È questo insomma l’auspicio più grande con il quale mi appresto a commentarvi Master And Everyone, un album dalla magnificenza intima e naturale che si sbroglia in appena 34 minuti e che mette in risalto l’aspetto bucolico e indipendente di Will Oldham (alias Bonnie “Prince” Billy). Il cantore di Louisville (Kentucky) sa benissimo che fare rock con dignità e onestà culturale equivale a sopravvivere, ma soprattutto significa credere nei sogni.

Ecco quindi che Master And Everyone, attraverso le sue nobili divagazioni acustiche, la sua gelida poesia e il suo country quieto e bislacco, si candida a diventare uno dei veri dischi alternativi del nuovo millennio americano.

La voce di Oldham è un anelito che riscalda il cuore; sussurri che s’insinuano in ogni angolo del disco, dall’iniziale The Way fino all’adorabile Hard Life che sorprende per intensità e melodia.

Dieci composizioni soffici e vaporose, suonate quasi alla maniera di Nick Drake, che vedono la partecipazione di Tony Crow, John Kelton, Matt Swanson, Gary Tussing e Marty Slayton che accompagnano il nostro Principe in questo viaggio silenzioso e notturno.

Un quadretto d’acquerelli dove è possibile scorgere la bellezza della pace e della virtù. È inutile continuare: adoro questo disco! (Luca D’Ambrosio)

[1]Recensione pubblicata prima su ML – Update n. 24 del 20 dicembre 2005 e successivamente su ML – Update n. 45 del 20 aprile 2007



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