Dream pop farcito di raffinata elettronica da laptop e ricoperto di morbide glasse folk: è questa la ricetta musicale degli americani Electric President. Niente di più. Eppure S/T, pezzo dopo pezzo, rivela fragranze ben più complesse di un semplice impasto di sostanze melodiche e di fermenti digitali (se volete, chiamatela pure indietronica), e quel qualcosa in più sembra essere proprio l’essenza autorale che Ben Cooper & Alex Kane riescono ad aggiungere diligentemente in ogni traccia del disco, a cominciare dall’invitante Good Morning, Hyprocrite fino alla conclusiva Farewall, che avvicina il duo ai Grandaddy e ai Radiohead. Frammenti che fluttuano leggeri come spuma del mare e capaci di racchiudere in un unico afflato la grazia di Ed Harcourt, la genuinità di Joseph Arthur e la malinconia dei Doves, svelando, oltretutto, digressioni sonore post-industriali. Un succedersi di brani immediati e apparentemente “facili” che, tuttavia, riescono a cingersi di sfumature psichedeliche e di refrain di stampo sixties (Ten Thousand Lines), trovando in Hum e Snow On Dead Neighborhoods gli episodi più coinvolgenti dell’intero album d’esordio. Armonie melanconiche, coretti alla Polyphonic Spree (è il caso di Insomnia) e destrutturazioni ritmiche alla Telefon Tel Aviv (Metal Fingers e We Were Never Built To Last) che si adagiano delicatamente su un tappeto di effetti acustici e di altri incantevoli artifici. Dieci splendide canzoni di pop contemporaneo che di questi tempi non è così facile trovare in giro. (Luca D’Ambrosio)
Recensione pubblicata su ML – n. 26 del 31 gennaio 2006