Negli anni Novanta Disfunzioni Musicali a Roma era, in assoluto, il mio negozio di dischi preferito.
Ricordo che per arrivarci facevo più di due ore di autobus, affrontando, sia all’andata che al ritorno, le leggendarie e nauseanti curve di Scannacapre.
Generalmente partivo al mattino presto e tornavo verso sera con uno, massimo due dischi in vinile, dipende dai soldi che ero riuscito a mettermi da parte tra lavoretti come cameriere e piccole elargizioni familiari.
Ogni occasione era buona per passare da Disfunzioni. Visite mediche, lezioni all’Università, che poi ho subito abbandonato, colloqui di lavoro, capatine a casa di amici e parenti e scuse varie. L’importante era essere lì, in via degli Etruschi, spesso anche soltanto per curiosare o chiedere informazioni.
Disfunzioni, insomma, era il mio luogo ideale. Il posto perfetto dove vivere e, volendo, anche morire. E questo nonostante i commessi non fossero certamente le persone più simpatiche di questo mondo. Quasi sempre vestiti da rockstar, lapidari nelle risposte e incuranti delle tue lunghe attese dietro la serranda abbassata, i commessi di Disfunzioni Musicali ti guardavano sempre dall’alto in basso, con quel sottile piglio di legittima superiorità, anche perché sapevano benissimo che stavi entrando nel regno del disco. Il paradiso della musica. Persone con le quali non avevo il benché minimo di confidenza e che, forse proprio per quel motivo, erano diventati per me le prime icone di quel piccolo mondo immaginario fatto di “sesso, droga e rock and roll”, ma anche di infinita passione.
Un mondo che, purtroppo, non c’è più e che oggi ricordo con incredibile affetto grazie a questo video.
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