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Intervista a Nino Bruno

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Abbiamo avuto il piacere di intervistare Nino Bruno (e le 8 Tracce), autore di uno dei brani contenuti nella colonna sonora dell’ultimo film di Paolo Sorrentino, “This Must Be The Place”. Un pezzo intitolato “Every Single Moment in My Life Is a Weary Wait” che potrete ascoltare anche nel suo ultimo album intitolato “Sei Corvi Contro il Sole”. Quella che segue è una breve e interessante intervista che, oltre a svelarci alcuni retroscena del film del regista napoletano, ci consegna un musicista davvero appassionato e fuori dal comune. Buona lettura.

NINO BRUNO E LE 8 TRACCE di Luca D’Ambrosio
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Chi è Nino Bruno, da dove viene e qual è stato il suo percorso musicale?
Dopo varie vicissitudini, ho trovato nelle sonorità del beat, specie in quello più azzardato, l’ambiente sonoro ideale in cui muovermi, con il gusto di avventurarmi per vie smarrite.

La presenza di un vostro pezzo nella colonna sonora dell’ultimo di film di Paolo Sorrentino ha dato, senza dubbio, una certa visibilità alla tua band. Domanda scontata: com’è nata la collaborazione con Sorrentino?
Avevo già collaborato a “L’uomo in più”, scrivendo insieme a Paolo i testi delle canzoni di Tony Pisapia, “La notte” e “Lunghe notti da bar” e, precedentemente, Paolo aveva usato alcuni miei brani nel suo primo corto ufficiale, “L’amore non ha confini”. Insomma c’erano dei precedenti, una grande stima reciproca, e aldilà di tutto, un forte legame anche personale. Stavolta mi ha chiesto di scrivere una canzone con dei requisiti particolari, una hit del 1982, che fosse però emozionante ancora oggi. La canzone che aveva reso Cheyenne famoso da un giorno all’altro. Insomma una richiesta assurda, che chiaramente Byrne si è guardato bene dall’accettare! Ma era un lavoro adatto a me. Ho capito subito che ci voleva una canzone vera, viva, figlia di un paradosso temporale e non di un revival. Si trattava solo di spostare leggermente la data, dai secondi ‘60 al 1982 appunto, e immaginare che “Cheyenne and the Fellows”, cosa ben credibile, registrassero il loro primo inaspettato successo in uno studio non proprio all’avanguardia, pieno di reverberi a molla ed echi a nastro e del tutto privo di effetti digitali (che nell’82 solo i grossi studi dovevano già avere). È esattamente quello che ho fatto.

Che tipo di approccio avete avuto con il regista nel scegliere il brano?
C’era una scena in cui Penn doveva intonare questa canzone a voce libera per calmare un cane lupo inferocito sul punto di aggredirlo. La melodia, il testo, dovevano avere qualcosa di ammaliante, quindi. Ho scritto più canzoni, alcune sono anche nel nuovo disco, ma la canzone giusta non arrivava. I giorni passavano e non gliene andava bene una, o forse ero io che mi allontanavo troppo, andadomene per strade mie. Finché in un pomeriggio e una notte si è materializzata questa canzone fantasma… Ho scelto il titolo mentre gliela spedivo via mail.

E com’è andata con Sean Penn? Voglio dire: cosa ha detto e pensato del vostro brano e della vostra musica?
Ricordo che il brano non è nella versione finale del film, ma si trova solo nel DVD, nel CD della colonna sonora, nei teaser, negli outtakes, e costituisce dunque un prequel, una premessa, di “This Must be The Place”. Ciò detto so che Penn ha molto amato questa canzone, e così anche il suo autista, con il quale pare abbia un rapporto assai democratico. Pare che per un periodo non facessero altro che ascoltarlo insieme. Che io sappia l’ha anche provato e registrato in uno studio a Londra. Sicuramente l’ha ascoltato molte volte anche per entrare nel personaggio e nella sua storia, è un modo di lavorare tipico degli attori americani, e forse proprio per questo Paolo ha voluto “Every single moment in my life is a weary wait” prima di iniziare il lavoro con Penn. Ricordo infine che la versione che si sente in giro, anche quella presente nel nostro nuovo disco, non è cantata nè da me nè da Sean Penn, ma da David Copley.

Il vostro ultimo disco, “Sei Corvi Contro il Sole”, è nato sulla scia del film di “This Must Be The Place”, oppure già ci stavate lavorando da tempo?
Entrambe le cose. Però a un certo punto abbiamo dovuto davvero correre. Penso sia stato un bene. “Sei corvi Contro il Sole” è un disco meno pensato dei precedenti, in qualche modo più sincero e spontaneo.

Quali sono i punti saldi della musica e del cinema di Nino Bruno e le 8 tracce?
Il suono beat, il metodo di registrazione, l’inattualità, l’avventura, il sogno, l’anelito a un Nuovo Beat Psichedelico, l’orgoglioso isolamento.

Perché il nome aggiuntivo “le 8 tracce”?
Il nome sottolinea il metodo di lavoro scelto, il “Dogma 8”, appunto, che vuol dire registrare solo su 8 tracce, tutto su bobina, sia in ripresa che in missaggio (in ogni passaggio), utilizzando solo effettistica analogica ed elettromeccanica (echi a nastro, riverberi a molla).

Concerti in vista?
Il concerto più vicino sarà a Napoli, al Lanificio 25, il 4 Novembre. Presenteremo “Sei corvi contro il sole” dal vivo.

In bocca al lupo e grazie per l’intervista!
Grazie a te, Luca. E a presto.

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