Con l’uscita di “Storia di Caino”, ci è sembrato doveroso scambiare due chiacchiere con uno dei migliori musicisti della scena rock indipendente italiana.
“Storia di Caino” è un album – a mio avviso – ben più fluido e immediato dei lavori precedenti che, tuttavia, non perde un briciolo di toccante e struggente poesia. È una mia impressione o nella realizzazione di questo disco avvertivi una particolare urgenza di comunicazione che non fosse così intima come per esempio “Hellequin Song”?
Sentivo il bisogno di parlare con qualcuno e non con me stesso. C’era probabilmente l’urgenza della storia e non della confessione. Penso che Hellequin Song sia un disco che si guardi dentro.
A proposito di “Hellequin Song”, “Fratello Gentile” è una traccia che avrei visto benissimo in quest’ultimo lavoro, proprio per il suo carattere elettrico che si conforma molto alle atmosfere blues e rock di “Storia di Caino”…
Forse perché il Fratello Gentile è una figura ricorrente nelle mie canzoni, una matrice che si ripropone spesso sotto spoglie diverse. Credo che siano i fondamenti del personaggio, più che l’arrangiamento, a essere facilmente accostabili a molte delle mie cose. Canzoni di rabbia.
Ancora una volta John Parish in cabina di regia. Ci racconti come è nato questo incontro e cosa ha rappresentato per te e per la tua musica?
Con John lavoriamo insieme ormai da anni. Mi mise in contatto con lui Marina Petrillo di Radio Popolare, io gli mandai la demo di Gran Calavera Elettrica e da lì venne il resto. È una di quelle collaborazioni che vivono grazie alla profonda stima fra le parti. Abbiamo imparato negli anni a dare e avere, ad accettare le nostre diversità e a trasformarle in risorse.
E con Robert Fisher?
Robert l’ho conosciuto un paio d’anni fa. Abbiamo fatto un tour acustico insieme e ci eravamo riproposti di collaborare alla prima occasione. Questo è il modo che preferisco nel fare musica, cogliere gli incontri, arricchirsi delle esperienze dell’altro e condividere le canzoni.
Nelle note di presentazione di “Storia di Caino” scrivi: “Credere è sempre l’atto più grande della promessa d’amore”. Una frase bellissima. Ti andrebbe di filosofare e scendere in profondità sul legame tra la frase in questione e il tuo ultimo album?
Non sono bravo a fare filosofia. I personaggi di questo album non si aspettano niente in cambio, credono in una promessa al di là di questa promessa. Quasi che il loro onore fosse legato a quel primo atto di fedeltà. Nel credere ci si mette in gioco e si supera spesso l’oggetto della fede, ci si ritrova al centro dell’Amore.
Com’è avvenuto invece l’incontro con la Urtovox e il cambio di etichetta?
Ero alla fine dell’esperienza Mescal e avevo un disco pronto. E Urtovx aveva voglia di farlo questo disco. Questo è tutto.
Potrebbe esserci un seguito?
Perché non dovrebbe esserci? Lavoriamo insieme e stiamo imparando a conoscerci. Quando c’è stima e rispetto non c’è motivo di non continuare.
Ti senti più vicino a Fabrizio De Andrè o a Nick Cave?
Mi sento vicino anche a Piero Ciampi, ai Joy Division, a Neil Young, agli Husker Du, mi sento vicino a tante cose, tutte cose che mi hanno fatto crescere e da cui ho imparato molto. Non penso di essere un epigono o un emulo dell’una o dell’altra. Sicuramente De Andrè e Nick Cave sono più vicini l’uno all’altro di quanto si possa credere.
C’è un disco della tua carriera a cui ti senti particolarmente legato? E perché?
Non particolarmente. Forse “Closet Meraviglia”, perché in quel disco ho cominciato a esplorare e a giocare di più con la musica. C’è tanta libertà in quel disco, e poi è l’ultimo disco che ho registrato con Umberto Ursino al basso che purtroppo è morto poco prima dell’ uscita dell’ album.
C’è invece un album, italiano o straniero, che torni ad ascoltare sovente e che fa parte del tuo background musicale?
“After The Gold Rush” di Neil Young.
Cosa stai ascoltando ultimamente?
I vecchi album della Nuova Compagnia di Canto Popolare e “White Chalk” di P.J. Harvey.
Abbiamo ancora una speranza?
Dobbiamo sperare di avere ancora canzoni da scrivere. Io di canzoni credo di averne ancora tante da scrivere.
Foto: Corrado Vasquez
ML – UPDATE N. 55 (2008-06-21)
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