In questi giorni di vuoto, dolore e ricordi, ma in qualche modo anche di rinascita, mi era sfuggita questa recensione di Musica migrante su I Think Magazine, di cui pubblico un estratto.
«Può un lavoro letterario essere paragonato a una chiave virtuale? A un passe-partout universale che apra su continenti lontani? MUSICA MIGRANTE, la seconda opera di Luca D’Ambrosio, già giornalista musicale e autore di LA MUSICA, PER ME, può e ci riesce in pieno. […] L’autore però va ancora oltre e non si è risparmiato nell’elencare e nel descrivere in modo minuzioso tanti strumenti musicali tipici dei luoghi di cui si parla ed elencando brani, autori, artisti e tutte le fonti e i moderni canali social dove poterli ascoltare ed apprezzare. Qui è la chiave di quest’opera, che fa nascere prepotentemente nel lettore la curiosità, la voglia di entrare in questo mondo sconosciuto per la maggior parte di noi ma ricco di fascino, facendo venire il desiderio di ascoltare questa musica da noi così lontana ma al contempo così vicina, appunto questa “musica migrante” che nasce dove la civiltà umana ha avuto origine, il luogo dal quale l’uomo è migrato ovunque, con la sua musica nel cuore». (Mariano Erra)
Di seguito invece l’intera rassegna stampa su Musica migrante.
«Un libro coraggioso e nobilmente mirato, diremmo teleologicamente, a un fine di risarcimento morale. Verso una cultura, quella africana, per troppo tempo colpevolmente ignorata o considerata ancillare rispetto a quella della civiltà occidentale. Con quest’operazione, Luca cerca di restituirle dignità umana e culturale nel senso più alto, e inquadrando il tutto sia dal punto di vista del vissuto dei personaggi delineati nel libro che da quello eminentemente musicale. In tempi nei quali la fobia del diverso, dell’altro da sé, l’odio etnico e razziale occupano tristemente le cronache quotidiane, D’Ambrosio mette, invece, in rilievo, prima di addentrarsi con notevole destrezza intellettuale nella trattazione musicale vera e propria, l’umanità, molto spesso drammaticamente fratturata dei protagonisti della prima parte del libro» (Rocco Sapuppo, Distorsioni)
«D’Ambrosio ha fatto un gran lavoro di sistematizzazione, consultando una poderosa bibliografia, e gliene va reso merito. Chi fosse curioso di conoscere l’argomento del libro ci troverà tutte le informazioni necessarie per approfondire le proprie conoscenze – soprattutto se terrà a portata di mano YouTube, per andare ad ascoltare ciò di cui sta leggendo» (Franco Zanetti, Rockol)
«Un viaggio alla scoperta della cultura africana che passa attraverso le storie dei migranti e la Storia della musica che all’Africa deve molto, anche se raramente se ne ricorda» (Angiola Codacci-Pisanelli Gentile, L’Espresso online)
«Le storie arrivano da Burkina Faso, Mali, Niger, Ghana, Tunisia e via dicendo; la musica, che inevitabilmente punteggia i racconti, è in seguito illustrata con portamento storico e critico. Il punto di forza dell’operazione risiede proprio nei passaggi in cui i due vasi comunicano con maggiore immediatezza» (Paolo Ferrari, Rumore)
«Un libro necessario che si legge d’un fiato, impreziosito dalle prefazioni di Angélique Kidjo e Valerio Corzani» (Stefano Solventi, Sentireascoltare)
«Un libro che non deve passare inosservato, quello scritto da Luca D’Ambrosio e intitolato “Musica migrante”, perché può definirsi un vero e proprio scrigno di bellezza umana connesso con la materia musicale» (Carlo Babando, Blow Up)
«Può un lavoro letterario essere paragonato a una chiave virtuale? A un passe-partout universale che apra su continenti lontani? “Musica migrante”, la seconda opera di Luca D’Ambrosio, già giornalista musicale e autore di “La musica, per me”, può e ci riesce in pieno. […] L’autore però va ancora oltre e non si è risparmiato nell’elencare e nel descrivere in modo minuzioso tanti strumenti musicali tipici dei luoghi di cui si parla ed elencando brani, autori, artisti e tutte le fonti e i moderni canali social dove poterli ascoltare ed apprezzare. Qui è la chiave di quest’opera, che fa nascere prepotentemente nel lettore la curiosità, la voglia di entrare in questo mondo sconosciuto per la maggior parte di noi ma ricco di fascino, facendo venire il desiderio di ascoltare questa musica da noi così lontana ma al contempo così vicina, appunto questa “musica migrante” che nasce dove la civiltà umana ha avuto origine, il luogo dal quale l’uomo è migrato ovunque, con la sua musica nel cuore». (Mariano Erra)