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Pillole quotidiane: L’Altra

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All’epoca “Different Days”, appena venne pubblicato, mi convinse a metà, forse perché ero ancora abbagliato dalla bellezza di “In the Afternoon”. Ora invece, a distanza di alcuni anni e dopo diversi ascolti, la soglia del mio piacere si è alzata notevolmente. “Different Days”, infatti, anche se strutturalmente diverso dai lavori precedenti, è un album a suo modo stupendo. Intimo e cervellotico allo stesso tempo, come “It Follows Me Around” che ti entra lentamente nel cuore per poi improvvisamente strapparti l’anima. (Luca D’Ambrosio)

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Pillole quotidiane: Dark dei Low

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Arriva improvvisamente nel silenzio assoluto della mia stanza togliendomi il respiro. Ho un nodo in gola e non riesco neanche più a deglutire. Il cuore mi batte forte, così forte che non riconosco più le cose e le persone che mi circondano. Allora mi alzo dal letto con un balzo felino, rivolgendo lo sguardo verso un punto qualsiasi della camera purché sia illuminato. Mi tocco continuamente, perché ho quasi l’impressione di aver perso il controllo del mio corpo. Cerco di riprendere il fiato, o almeno quel poco che rimane. Poi metto i piedi sul pavimento gelido muovendomi lentamente, a scatti, quasi tremando, finché non arrivo ad accendere la luce. Click! Ed è solo in quel momento che vengo attraversato da una sensazione di pace, come se quel sospirato bagliore avesse rimesso ogni cosa al proprio posto. Sorrido quasi incredulo. Subito dopo, però, scuoto la testa e ripenso a quella canzone dei Low. Ecco, avete presente Dark? “There are many things to be afraid of, like ghosts and death and climbing too high / There are many things to be afraid of, but don’t be afraid of the dark.” (Luca D’Ambrosio)


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Pillole quotidiane: When Your Dream Lovers Die di Townes Van Zandt

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Sicuramente sarà capitato anche a voi, almeno una volta nella vita, di essersi svegliati senza un sogno o un’idea alla quale aggrapparsi. E, per favore, non state lì a nascondervi dietro la vostra corazza di cartone. Purtroppo è l’umana esistenza, miei cari.

Ecco quindi che ci si ritrova giorni, mesi e anni a portare avanti “qualcosa” che non avremmo mai voluto fare e che, invece, facciamo semplicemente per dare retta al nostro istinto di conservazione, per il nostro quieto vivere, perché ormai non possiamo più tirarci indietro o forse soltanto perché è accaduto.

E così, per colmare quel vuoto, quell’assenza, quel punto oscuro della nostra mente, non facciamo altro che prenotare la prossima vacanza estiva, cambiare il divano di casa, acquistare l’autovettura più confortevole, il vestito più trendy o l’ultimo ritrovato tecnologico, mentre invece sarebbe sufficiente ascoltare una canzone come “When Your Dream Lovers Die” di Townes Van Zandt per capire che in fondo, quando i sogni finiscono, bisogna soltanto avere il coraggio di oltrepassare la nebbia. (Luca D’Ambrosio)



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Pillole quotidiane: Lost in Space dei Luna

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Era l’inverno di qualche anno fa e ricordo che passavo le mie giornate nel vuoto assoluto della mia casa polacca. Intorno tutto taceva. Non avevo nient’altro che l’amore o ciò che fino a quell’istante avevo chiamato in quel modo. Le notti erano gelide, come il mio cuore, mentre il bianco della neve sembrava riflettere i miei pensieri. Non avevo scampo: dovevo fuggire. In un baleno decisi di scappare, attraversando paesi mai conosciuti prima di allora. Mi sentivo triste, sgomento, attonito ma finalmente libero. Percorsi centinaia e centinaia di chilometri alla guida della mia auto senza fermarmi mai. Poi, improvvisamente, sopraggiunse il buio così come la stanchezza. Intorno tutto era immobile, tranne il chiarore di una timida stella. Parcheggiai in un luogo desolato e silenzioso, e nel giro di qualche secondo mi addormentai al posto di guida. Fu così che mi ritrovai immerso nelle atmosfere magiche e confortevoli di Lost in Space dei Luna. Davvero strano. Quella notte capii che a volte perdersi è meraviglioso. E forse anche necessario. (Luca D’Ambrosio)

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Pillole quotidiane: The Boy with the Arab Strap dei Belle and Sebastian

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Certe canzoni sono come le zigulì. Piccole. Dolci. Colorate. Sempre lì in bella mostra sullo scaffale, pronte a strizzarti l’occhio come quando eravamo bambini. Dicevo: certe canzoni sono come le zigulì. Piccole, dolci, colorate e così buone che vorresti mandarle giù all’infinito, una dopo l’altra, perché in fondo non fanno male, almeno così dicono. E una di queste è “The Boy with the Arab Strap” dei Belle and Sebastian. Buona giornata. (Luca D’Ambrosio)

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Pillole quotidiane: Before We Run degli Yo La Tengo

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Mi sveglio con il freddo che incalza, proprio lì, sul davanzale della finestra di casa, mentre sono ancora immerso, quasi fino agli occhi, nel tepore avvolgente di un inattaccabile piumone. Allora mi viene da pensare quale possa essere il motivo per mettere i piedi a terra e iniziare questa nuova giornata, benché il mondo, e il suo lento aggrovigliarsi, non faccia altro che complicarsi la vita. Fa freddo. Lo spread ora sale, ora scende, come l’ascensore del mio condominio, a volte anche senza una ragione. Il lavoro, quello vero, è una chimera. I giovani protestano. I vecchi, pure. La gente, lì fuori, è triste, ed è facile intuirlo, non ci vuole molto: basta guardarla mentre si agita davanti al bar o mentre esce dal supermercato. Le automobili, invece, sembrano rincorrersi in una specie di carosello natalizio. Il cielo è una lastra di ghiaccio. Mi chiedo: ci sarà pure un motivo per iniziare questa benedetta giornata con un po’ di sano ottimismo? Allora di nuovo: il tepore del piumone. Il freddo sulla soglia della finestra, quasi a voler elemosinare l’ingresso in camera. L’odore dei cornetti al cioccolato. La mia collezione di dischi. Il silenzio, rotto soltanto dal frastuono di una lavatrice in funzione. Poi, improvvisamente, penso all’ultima meraviglia degli Yo La Tengo, Fade, che esce proprio nel bel mezzo di un malinconico e tedioso inverno. E sento già le sue melodie estive, il fruscio del vento caldo che mi accarezza il volto e quell’insolita e piacevole malinconia che ti pervade l’anima e ti fa battere forte il cuore. Ecco! È l’amore che torna, in un batter di ciglia, come quando ascolti Before We Run e ti vien voglia di scappare via da qui. Lontano. Giusto o sbagliato che sia. (Luca D’Ambrosio)



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Pillole quotidiane: The Flowers Of Guatemala dei R.E.M.

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Così, giusto per ribadire un concetto banale. Una volta, quando non c’era internet, portare avanti certe idee “underground”, “sottoculturali” o “alternative”, che dir si voglia, non era affatto facile. Oggi, invece, tutto è magnificato e celebrato pubblicamente, spesso senza alcun fervore, mentre prima certe passioni erano custodite e portate avanti nella “quotidianità del privato”, lontano anni luce da un semplice “Mi piace”. Ora tutto è più facile e, allo stesso tempo, tutti si confondono. Tuttavia ci sono aspetti piacevoli di questa evoluzione/involuzione della società come, per esempio, postare The Flowers Of Guatemala dei R.E.M. e condividerla in un solo istante con molti di voi. Addio vecchia solitudine della cameretta. Buona giornata. (Luca D’Ambrosio)


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(Top 10) – I miei dieci dischi preferiti del 2012

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Ecco i miei dieci dischi preferiti del 2012, ovvero quelli che ho ascoltato di più. Ovviamente, la lista è in rigoroso ordine alfabetico…

Beach HouseBloom

Dirty ProjectorsSwing Lo Magellan

Dirty ThreeToward the Low Sun

Bill FayLife is People

LambchopMr. M

M. WardA Wasteland Companion

Mark Lanegand BandBlues Funeral

Moon DuoCircles

TindersticksThe Something Rain

The xxCoexist

Ho ascoltato molto volentieri anche gli ultimi lavori di Scott Walker, Kendrick Lamar, The Tallest Man On Earth, The Eastern Sea, Royal Baths, Lotus Plaza, Family Band, Giant Giant Sand, Kitchen Noise, Freelance Whales, Paul Buchanan, Orcas, Pontiak, Tame Impala, Breathless, Pandit, Leonard Cohen, Django Django, Cemeteries, Lost in the Trees, Cody ChesnuTT, Jake Bugg, The Maldives, Beachwood Sparks, Bob Dylan, Gareth Dickso, Teen Daze, Chromatics, Jens Lekman, Dark Dark Dark, Adrian Crowley, Sharon Van Etten, Wild Nothing, Vampire Slayer, Tigers On Trains, Cat Power, Michael Kiwanuka, The Black Swans, Actress, The Wooden Sky, Hannah Williams & The Tastemakers, Cardinal, The Shins, Ty Segall, Shearwater e altri ancora che adesso non ricordo.

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(Top 5 Italia) – I miei cinque dischi italiani preferiti del 2012

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Ecco i miei cinque dischi italiani preferiti del 2012, ovvero quelli che ho ascoltato di più. Ovviamente, la lista è in rigoroso ordine alfabetico…

AfterhoursPadania

ColapesceUn meraviglioso declino

EddaOdio i vivi

Umberto Maria Giardini La dieta dell’Imperatrice

Offlaga Disco PaxGioco di Società

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Mark Lanegan all’Orion di Ciampino, Roma (29.11.2012)

Quella di ieri sera all’Orion di Ciampino (Roma) è stata la serata ideale per andare a vedere e, naturalmente, ad ascoltare dal vivo Mark Lanegan. Pioggia a dirotto, buio pesto e sentimenti che si agitano tra la quiete e la tempesta. Un po’ come le canzoni dell’ex Screaming Trees che passano al setaccio blues, rock e psichedelia nel modo in cui soltanto lui, il nostro visionario, riesce a fare.

Lo fa cantando in maniera impassibile e senza concedere una smorfia, quasi statuario, dritto davanti all’asta del microfono, vestito di nero e con la sua folta chioma che gli scende sul viso.

Lo fa, però, con una voce profonda e cavernicola, ma soprattutto con la complicità di una formazione che, a dispetto del suo immobilismo, suona e si dimena come una vera e propria rock’n’roll band. E l’effetto è devastante con un Lanegan che incanta e allo stesso tempo scuote le anime dei presenti con brani estratti sia dal suo vecchio repertorio (quali, per esempio, Resurrection Song e One Way Street del meraviglioso Field Songs del 2001 e Wedding Dress e One Hundred Days di Bubblegum del 2004) che dalla sua ultima fatica in studio, sto parlando di Blues Funeral, sicuramente una delle uscite discografiche più belle del 2012, da cui esegue pezzi inconfondibili come The Gravedigger’s Song e Tiny Grain of Truth.

Musica migrante