È una tiepida serata d’inizio autunno ed è anche la prima volta di Joanna Newsom a Roma. Ammetto di essere particolarmente eccitato come lo è del resto gran parte del pubblico che affolla il Circolo degli Artisti. Nonostante al mio ingresso i Moore Brothers abbiano smesso di suonare già da alcuni minuti, l’attesa è di quelle impazienti e tra gli spettatori serpeggia anche una evidente insofferenza per la temperatura, piuttosto elevata, all’interno del locale. Intanto c’è chi discute, chi ridacchia, chi sbuffa, chi fotografa, chi si asciuga il sudore sulla fronte e chi, invece, in religioso silenzio ha lo sguardo costantemente rivolto verso il palcoscenico. Insomma, una platea decisamente eterogenea: dal critico professionista al semplice appassionato passando, ovviamente, per i soliti alternativi di turno. Nel frattempo mi godo la vista di un palco illuminato di un tenue color arancione in cui troneggia nel bel mezzo, alla stregua di un grosso monolito, l’arpa della giovane Newsom; strumento a dir poco inconsueto per chi è abituato a frequentare raduni in cui svettano solitamente imperiose pile di amplificatori e improbabili chitarre elettriche. Sono da poco passate le 22:30 e quella tollerabile insofferenza improvvisamente viene spezzata dall’entrata in scena della giovane artista californiana. È lei! Graziosa più che mai, vestita di un intenso color rosso e un sorriso capace di far sciogliere l’intera calotta polare. Il pubblico applaude e lei si inchina porgendo un timido “Hello” mentre il resto della band, composta da una violinista, un chitarrista/mandolinista e un percussionista, prende posizione in ossequiosa tranquillità. Classe 1982, con all’attivo svariate collaborazioni con personaggi riconducibili alla cosiddetta scena pre-war folk quali Devendra Banhart e Vashti Bunyan, la ragazza prodigio dà immediatamente dimostrazione del suo smisurato talento artistico eseguendo una perfetta Bridges and balloons, brano tratto da The Milk-Eyed Mender del 2004, al termine del quale la platea, ancora attonita e stordita dall’esecuzione davvero impeccabile, esplode in una sincera ovazione. Joanna ringrazia, sorride e non esita a presentare i propri compagni di viaggio porgendo anche un saluto particolare ai “Fratelli Moore”, duo pop americano che ha aperto il concerto e di cui però non posso raccontarvi le gesta a causa del mio giustificato ritardo. Dopo aver sorseggiato dell’acqua, riparte con Emily e altre composizioni provenienti da Ys, capolavoro indiscusso datato appena 2006. L’entusiasmo, seppur contenuto, è a mille! Miss Newsom è ineccepibile sia nel canto che nel suonare l’arpa. Incantevole è infatti la sua espressività vocale come inappuntabile risulta essere la sua destrezza tecnica. Passione più attitudine insomma, e il risultato che ne consegue è un folk ancestrale, bucolico, da camera, suonato alla perfezione ma al contempo fresco e attuale soprattutto quando il canto dell’angelo californiano sembra accostarsi a quello straziante e vellutato di Billie Holiday e Bjork. Sawdust and diamonds e Monkey & Bear sono pezzi che prendono l’anima e le sue mani sembrano compiere continui giochi di prestigio. Poi tutto finisce. Il pubblico l’acclama. Allora lei torna per il bis, questa volta da sola, regalandoci qualche inedito e l’ultimo sorriso della serata. Eh sì, è proprio il caso di dirlo: un concerto da favola!
ML – UPDATE N. 49 (2007-10-25)