Tutto è iniziato subito dopo l’inizio della guerra in Ucraina aderendo a una campagna di aiuti umanitari organizzata nella mia città, Sora, da associazioni e volontari. Del resto, nel mio piccolo, ho sempre cercato di darmi da fare per le persone in difficoltà.
Questa volta però, davanti a una simile catastrofe umanitaria, che oltretutto ci tocca così da vicino, ho sentito il bisogno di andare oltre la donazione o l’offerta che dir si voglia, cercando di limitare le mie parole di sdegno dinanzi al crimine che sta compiendo Putin.
Dunque mi sono subito messo a disposizione di vari gruppi di volontari in qualità di impacchettatore, facchino e persino come autista consegnando il materiale raccolto (farmaci, alimenti, indumenti, coperte, giocattoli, presidi medici e chirurgici…) prima a Roma, presso la Basilica di Santa Sofia, e poi a Siret, in Romania, al confine con l’Ucraina.
Quest’ultimo viaggio, lungo e faticoso, è stato senza dubbio gratificante perché siamo riusciti a consegnare i nostri scatoloni direttamente nelle mani di volontari ucraini, ragazzi e ragazze che hanno portato quanto ricevuto a civili e militari.
È stato un modo per esprimere da vicino la mia solidarietà al popolo ucraino. Così come hanno fatto i miei incredibili compagni di avventura. Durante il viaggio, con mia sorpresa e piacere, sono stato contattato dalla giornalista Simona Giovanna Giacinti che ha voluto raccontare questa piccola storia per RaiNews.it.
PS – L’intervista telefonica mi è stata fatta durante il viaggio di ritorno e purtroppo vi è stato un “misunderstanding” nel virgolettato finale. Del resto, è chiaro fin dalle battute iniziali che ho aderito a una campagna di aiuti organizzata da associazioni e volontari. Pertanto, la parola corretta sarebbe dovuta essere “accolto” e non “accompagnato”.