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Pillole quotidiane: quando ero il Re del beat italiano

La verità è che sono cresciuto soprattutto con la musica pop degli anni ‘60. E quelli che vedete nella foto in alto sono alcuni dei 45 giri che da bambino ascoltavo con il mangiadischi portatile dei miei genitori.

Era di un colore verde intenso e ogni volta che inserivo un disco mi sentivo al settimo cielo.

Spesso, d’estate, quando ero in vacanza sul balcone di casa, facevo finta di essere un cantante beat. Anzi, ero il Re del beat italiano

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Recensione: Edda – Graziosa Utopia (2017)

EDDA
Graziosa Utopia è sicuramente uno dei più bei dischi italiani del 2017 finora pubblicati. Un lavoro in cui Edda mette a nudo i suoi sentimenti e il suo romanticismo rivelando, ancora una volta, tutta la sua fragilità di uomo e di artista.

Un album pop/rock che racchiude dieci bellissime canzoni d’amore che emozionano e danno forza attraverso un linguaggio crudo e diretto come solo l’ex Ritmo Tribale riesce a fare. Un linguaggio intriso di poesia ma spesso esasperato e spigoloso, capace di bucare gli stomaci più forti e allo stesso tempo di sciogliere i cuori più algidi.

L’impressione che si ha ascoltando ogni volta Edda è che spinga tutto oltre i confini della normalità, quantunque il suo atteggiamento appaia quasi sempre discreto e conformista. E forse è questo il segreto della sua oscura bellezza: andare oltre i propri limiti per poi eclissarsi.

Lo fa inconsapevolmente, per istinto, per natura, e lo si può intuire fin dal suo modo di cantare che va oltre le proprie possibilità ma che affascina e scuote le coscienze di chiunque lo ascolti. Probabilmente la sua è una sfida. Una sfida contro l’umanità, contro se stesso, contro le solite cose, oppure è semplicemente una graziosa utopia. (Luca D’Ambrosio)



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Pillole quotidiane: momenti di gloria

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Soltanto oggi riesco ad aggiornare il blog e a dirvi che domenica 2 agosto 2015 ho ricevuto a Frosinone una targa di riconoscimento per l’attività decennale di Musicletter.it e per la mia collaborazione con il MEI di Faenza.

Il riconoscimento mi è stato assegnato nell’ambito del Festival Nazionale dei Conservatori Italiani di cui, tra l’altro, sono stato giurato nelle serata finale. Una piccola soddisfazione che condivido simbolicamente con tutti gli amici e i collaboratori di Musicletter.it.

Grazie di cuore, davvero.
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Pillole quotidiane: Forever Changes dei Love

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Spesso mi capita di rivedere cose di cui ho perso quasi il ricordo. E ogni volta il pensiero è sempre lo stesso. È come se avessi iniziato tutto daccapo. Una nuova vita. Una nuova strada. Una nuova colonna sonora. Avete presente Forever Changes dei Love? Ecco, la sensazione è proprio quella. (L.D.)



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Pillole quotidiane: Drive dei R.E.M.

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Ricordo che da ragazzo avevo sempre una cassetta dei R.E.M. infilata nello stereo della macchina. Non facevo altro che guidare e ascoltare la loro musica. A volte, quando la benzina scarseggiava, mi fermavo interi pomeriggi nel parcheggio sotto casa, come se il mondo fosse tutto dentro quella cassetta. (L.D.)

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Pillole quotidiane: I Wanna Be Adored degli Stone Roses

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Era il 1989 e un decennio stava per concludersi in maniera colossale. Cadeva il muro di Berlino. Solidarność non era più un sindacato clandestino. Scoppiava la protesta di piazza Tienanmen. Moriva il grande Sergio Leone. I cd prendevano il sopravvento sui vinili. E di lì a poco il grunge ci avrebbe travolto. Ricordo che in quel periodo molti di noi si erano già rotti il cazzo. Eravamo smarriti. Ci sentivamo in una specie di limbo, sospesi tra il passato e il futuro. Poi, per fortuna, arrivarono loro, gli Stone Roses, e tutti in qualche modo ci sentimmo nuovamente a casa. (L.D.)



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Pillole quotidiane: Used Cars di Bruce Springsteen

Sono seduto sul sedile posteriore di una vecchia automobile verde scuro e guardo fuori dal finestrino.

La strada.

I ricordi.

Una canzone.

Mi sembra di essere in Nebraska.

Il cielo è grigio.

Mio fratello dorme sulle gambe di mamma, mentre mio padre guida senza dire una parola.

Nel taschino della mia giacca ho un’audiocassetta nuova di zecca.

Casa è ancora lontana. E io non vedo l’ora di arrivare.

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Eels – End Times (2010)

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Il Mark Oliver Everett di End Times è un uomo solo e malinconico che abbandona le fantasie di Hombre Lobo tornando a cantare il disincanto della vita reale. Lo fa, tuttavia, con l’afflato del poeta crepuscolare che racconta consapevolmente la fine di un tempo oramai andato. Un Mark Oliver Everett che si cala quasi nelle stesse tragiche atmosfere di quell’Electro-Shock Blues in cui il nostro songwriter affrontava con estremo turbamento il dolore per la scomparsa dei propri cari (papà, mamma e sorella), anche se poi questo End Times rispetto a quel capolavoro del 1998 riesce a concedere una maggiore sobrietà compositiva e barlumi di speranza ben più diffusi. Quella cantata da Everett è difatti una “fine” segnata dall’angoscia e dall’indifferenza, in cui riaffiorano ricordi familiari e affetti perduti, senza però mai perdere di vista l’amore per quei piccoli gesti quotidiani che illuminano la vita (The Beginning, I Need a Mother e Little Bird). Un condensato di folgorante mestizia che Mr. E confeziona in perfetta solitudine, o quasi. E il risultato di questo suo ottavo album è magnifico, basta ascoltare In My Younger Days, A Line In The Dirt e Nowadays, brani capaci di trafugare un romanticismo disperato alla stregua di Gone Man, Unhinged e Paradise Bluescapace che, oltretutto, riescono a dar vita a dinamiche sonore ben più vigorose. Scritto nello scantinato di casa a Los Angeles e abbellito da un suggestivo disegno di copertina realizzato da Adriane Tomine, End Times è un disco fatto di ballate folk, nenie pop e attacchi rock che mettono a nudo tutto il rassegnato cinismo e la quotidiana follia di un mondo che rasenta sempre di più l’orlo del tracollo. Uno spaccato ben preciso di un’epoca (la nostra) priva di rispetto e decenza, dove, però, potrete scorgere tutta la dignità di un uomo e di un artista che – nonostante Dio, il fato e gli esseri umani – è ancora qui a scrivere delle grandi canzoni. (Luca D’Ambrosio)

[1]Recensione pubblicata su ML – Update n. 70 del 31 marzo 2010



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Pillole quotidiane: Don’t Think Twice, It’s Alright di Bob Dylan

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È primavera inoltrata, anche se fuori piove e fa freddo. In TV stanno beatificando due Papi, mentre in Crimea spirano venti di guerra. Per fortuna poi arriva “Don’t Think Twice, It’s Alright” di Bob Dylan e io improvvisamente mi sento meglio, perché la verità è che non abbiamo bisogno di alcuna religione, ma soltanto di buoni sentimenti. Nient’altro. (L.D.)



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Pillole quotidiane: The Jazz Butcher

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She’s on Drugs era la sigla iniziale di una trasmissione che conducevo presso una delle emittenti radiofoniche della mia cittadina. Era il 1990. Ricordo che tornavo a casa stanco morto da Roma. Ciononostante, appena varcata la porta della mia cameretta, racimolavo una decina di ellepi dallo scaffale, li mettevo sottobraccio e con passo spedito mi incamminavo verso gli studi della stazione radio locale. Mi sentivo bene. Lo giuro. Tutto intorno a me sembrava in perfetto equilibrio. E Cult of the Basement dei Jazz Butcher era una delle mie certezze. Uno di quei dischi che ancora oggi mi piace ascoltare quando mi sento mancare la terra sotto i piedi. (Luca D’Ambrosio)



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