Ci sono persone “acqua e sapone” e poi quelle come me. Pizza e birra.
musica
Pillole quotidiane: microcosmo
Spesso la musica che amiamo è soltanto una questione privata.
Al massimo un microcosmo di “persone strane” che ascoltano “musica strana”.
1988. Penultimo anno di superiori. Il Boss stava per arrivare in Italia e noi non stavamo più nella pelle. I biglietti erano stati presi con largo anticipo alla Orbis di Roma.
Ogni giorno che passava, in classe si respirava sempre di più aria di rock and roll. L’assillo non era tanto la promozione di fine anno, ma la scaletta del concerto.
Finalmente arrivò il fatidico giorno.
Partimmo in undici, o giù di lì, con un carico di birre, panini e cocomeri: destinazione Stadio Flaminio. Più che un concerto fu una gita scolastica, una splendida giornata tra buoni amici.
Premio Nobel per tutto ciò che c’è di bello e poetico nel mondo. Anzi, nell’universo.
Northern Sky di Nick Drake
Uno dei dischi più laceranti degli anni ’90, ma anche una delle copertine più evocative di sempre.
Ventiquattro anni di Gentlemen e sentirli tutti, come un macigno dentro l’anima.
Pillole quotidiane: Southern Accents
Lo stereo vicino al letto. Lo sguardo rivolto sempre verso la finestra.
E Southern Accents come colonna sonora. Come un piccolo sogno da inseguire.
Dio mio, quanto tempo è passato.
Tom Petty scriveva canzoni che parlavano al cuore.
Ed è stato proprio il suo cuore a tradirlo.
Buon viaggio, rocker.
Dentro American Dream c’è buona parte della New York che amo.
Quella dei Talking Heads, dei Velvet Underground, dei Television e dei Suicide, ma anche degli Strokes e degli Interpol.
E tanto basta per metterlo tra i dischi più belli dell’anno.
Ian felice esce dal gruppo, mi verrebbe da dire, quello formato nel 2006 con i fratelli James e Simone e che ha preso il nome, manco a dirlo, di Felice Brothers.
Esce, probabilmente, non in maniera definitiva, ma semplicemente per dare vita a questo suo primo, delizioso album da solista dal titolo In the Kingdom of Dreams.
Un disco all’insegna del folk americano – discreto, intimo e dall’impianto prevalentemente acustico – che lo smilzo studioso d’arte ha registrato nella sua casa d‘infanzia a Palenville, New York, con l’apporto dei due fratelli e di Josh Rawson, dando fondo ai propri ricordi e a ogni emozione scaturita.
Ecco quindi che la sua casa d’infanzia e le rive del torrente Kaaterskill si trasformano in una specie di regno dei sogni dove rifugiarsi dalle angosce quotidiane e dai conflitti interiori, cercando di esorcizzare i mali di una società sempre più folle e materiale che, purtroppo, continua ad annaspare in una spasmodica quanto effimera ricerca della felicità.
In the Kingdom of Dreams diventa così un piccolo scrigno di canzoni attraverso cui il folksinger racconta, con voce stupenda e con intenso trasporto, non solo di quando era bambino, compresa la morte del papà avvenuta quando aveva soltanto 8 anni, ma anche le insicurezze e le paure dell’essere adulto come, per esempio, quella di diventare padre.
E il risultato finale è quasi un colpo al cuore. Un susseguirsi di memorie che tra realtà e immaginazione trovano spazio sia in queste dieci tracce, prodotte da James Felice, che in una raccolta di componimenti in versi dal titolo “Hotel Swampland”.
Quando insomma la bellezza dell’animo diventa musica e anche poesia. (Luca D’Ambrosio)
Come il jazz può cambiarti la vita di Wynton Marsalis è un libro appassionante e pieno di riferimenti musicali.
Un racconto piacevole e di facile lettura che parla di jazz ma anche di razzismo.
Un toccasana per la mente in questi tempi di grigiore sociale. (L.D.)