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Pillole quotidiane: Ortodossia dei CCCP Fedeli alla linea.

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Nel 1984 veniva pubblicato l’EP Ortodossia, la prima prova discografica dei CCCP Fedeli alla Linea, formazione di Reggio Emilia che avrebbe segnato gli anni ‘80 con una miscela esplosiva di punk-rock, socialismo e sentimento popolare. Live in Pankow, Spara Jurij e Punk Islam furono i primi vagiti del gruppo guidato da Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni che di lì a poco, con l’ausilio coreografico della “benemerita soubrette” Annarella Giudici e “l’artista del popolo” Danilo Fatur, avrebbe rivoluzionato la scena musicale italiana con un nuovo linguaggio capace di essere violento e allo stesso tempo poetico. Un disco che a distanza di 30 anni non ha perso un briciolo di energia e di fascino. Tre canzoni che ti entrano nella pelle e che, ancora oggi, riescono a emozionarmi perché, in fondo, le stagioni passano ma i sentimenti restano. (L.D.)

Live in Pankow

Spara Jurij

Punk Islam



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Recensione: Townes Van Zandt – Live at the Old Quarter, Houston, Texas (1977)

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Luglio 1973. Townes Van Zandt si esibisce all’Old Quarter di Houston nel Texas. Il piccolo locale è gremito. Ci sono un centinaio di persone. E il risultato è straordinario, tanto che qualche anno dopo, esattamente nel 1977, con l’aiuto del produttore Earl Willis, verrà pubblicato Live at the Old Quarter, Houston, Texas. Un disco che ti sfonda il cuore, tra folk, country e blues. Oltre novanta minuti di emozioni – da “Pancho and Lefty” a “Only Him or Me” passando per gemme come “If I Needed You”, “Rex’s Blues“, “No Place to Fall” e “Waiting ‘Round to Die“, giusto per citarne alcune – dove il malinconico e sarcastico Van Zandt mette in mostra la propria anima e il proprio talento, ma anche alcune delle sue influenze musicali quando decide, durante il concerto, di eseguire prima una cover di Merle Travis (”Nine Pound Hammer“) e poi una di Lightnin’ Hopkins (”Chauffeur’s Blues“) e di Bo Diddley (”Who Do You Love?“). Ne esce fuori un vero e proprio capolavoro con il brano tradizionale “Cocaine Blues” come ciliegina sulla torta. Sicuramente uno dei migliori album dal vivo finora in circolazione, se non addirittura uno dei lavori più rappresentativi del cantautore americano scomparso prematuramente il primo gennaio del 1997. (L.D.)



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musica

Pillole quotidiane: Slipped, dissolved and loosed dei Lambchop.

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Per scrivere una (bella) canzone bisogna avere qualcosa di autentico da raccontare. E poi bisogna farlo nella maniera più libera e appassionante possibile. Come Slipped, dissolved and loosed dei Lambchop. Tutto il resto viene da sé. Provate a chiederlo a Kurt Wagner. (L.D.)



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Pillole quotidiane: Perfect Day di Lou Reed.

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Oggi, sbirciando nel mio vecchio scaffale di casa, ho trovato l’audiocassetta di Trainspotting. Gran bella sorpresa, lo giuro. Pensavo di averla perduta durante uno dei miei burrascosi traslochi. Invece eccola lì, immobile e ricoperta di polvere, come se stesse ad aspettarmi da chissà quanto tempo. L’afferro immediatamente, e la prima cosa che faccio è quella di andare a rileggere tutti i titoli dei brani che compongono la colonna sonora del film di Danny Boyle. “Lust for life” (Iggy Pop), “Deep Blue Day” (Brian Eno), “Sing” (Blur), “Born Slippy” (Underworld) e molti altri ancora. Ma è “Perfect Day” di Lou Reed a rubare la mia attenzione, con quel “Just a perfect day…” che mi torna subito in mente come un mantra. Mi sento bene, lo ammetto, anche se poi mi rattristo quando penso che è quasi un anno che Lou Reed ci ha lasciati. Va be’, decido di non farmi assalire dalla tristezza e con piglio entusiasta sfilo l’intero artwork dalla custodia, adagiandolo sul piano della mia piccola scrivania. Ed ecco che si rivelano, in tutta la loro dissoluta bellezza, le immagini di Renton, Begbie, Diane, Sick Boy e Spud. Li guardo e, a voler essere sinceri, provo una strana sensazione. Un mix di spensieratezza e paranoia. La stessa che caratterizza i cinque protagonisti dell’omonimo romanzo di Irvine Welsh, soprattutto Begbie, il mio personaggio preferito. Quello folle. Quello che “si faceva di gente”. (L.D.)



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musica

Pillole quotidiane: Burning dei War On Drugs e Dancing in the Dark di Bruce Springsteen

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Burning dei War on Drugs mi ricorda qualcosa di Dancing in the Dark. Ecco, premete il tasto play, chiudete gli occhi e provate a immaginare Adam Granduciel alle prese con Born in the U.S.A. di Bruce Springsteen. Fatto? Bene, ora non vi resta che augurare buon compleanno al Boss che oggi, 23 settembre 2014, compie 65 anni! E mi raccomando, non dimenticate di mettere Lost in the Dream tra i dischi più belli dell’anno. (L.D.)

“Burning”, The War On Drugs

“Dancing in the Dark”, Bruce Springsteen

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musica

Pillole quotidiane: Running Through My Head di Simone Felice

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Oggi sono andato talmente in fissa per questa canzone che mi è venuta voglia di saltare su un treno merci in corsa. (L.D.)



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Luca D'Ambrosio musica

Pillole quotidiane: Drive dei R.E.M.

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Ricordo che da ragazzo avevo sempre una cassetta dei R.E.M. infilata nello stereo della macchina. Non facevo altro che guidare e ascoltare la loro musica. A volte, quando la benzina scarseggiava, mi fermavo interi pomeriggi nel parcheggio sotto casa, come se il mondo fosse tutto dentro quella cassetta. (L.D.)

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musica

Pillole quotidiane: Echo In Your Mind di Susan Christie

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Da qualche mese ho scoperto questo vecchio disco di Susan Christie. Si intitola Paint a Lady e me ne sono innamorato immediatamente. Chissà, forse oggi è il giorno ideale per postare una di queste magnifiche otto canzoni. Il sole splende alto, le strade sono deserte e il frastuono lì fuori sembra essere svanito nel nulla. (L.D.)



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Luca D'Ambrosio musica

Pillole quotidiane: I Wanna Be Adored degli Stone Roses

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Era il 1989 e un decennio stava per concludersi in maniera colossale. Cadeva il muro di Berlino. Solidarność non era più un sindacato clandestino. Scoppiava la protesta di piazza Tienanmen. Moriva il grande Sergio Leone. I cd prendevano il sopravvento sui vinili. E di lì a poco il grunge ci avrebbe travolto. Ricordo che in quel periodo molti di noi si erano già rotti il cazzo. Eravamo smarriti. Ci sentivamo in una specie di limbo, sospesi tra il passato e il futuro. Poi, per fortuna, arrivarono loro, gli Stone Roses, e tutti in qualche modo ci sentimmo nuovamente a casa. (L.D.)



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musica

Posidonia. I fondali della metropoli: intervista a Nino Bruno.

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Con Nino Bruno ci eravamo lasciati nel 2011 con “Sei Corvi Contro il Sole”, album che molti di voi ricorderanno non solo per le sue atmosfere beat accattivanti e demodè, ma anche per quella “Every Single Moment in My Life Is a Weary Wait” inclusa nella soundtrack del film “This Must Be The Place” di Paolo Sorrentino. Da allora sono passati circa tre anni, e il buon Nino è tornato con un’altra meraviglia musicale che prende il titolo di “Posidonia. I fondali della metropoli”, che poi altro non è che la colonna sonora dell’omonimo film-documentario di Marcello Anselmo. Buona lettura.

Intervista a Nino Bruno di Luca D’Ambrosio
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Allora, Nino, ci siamo lasciati nel 2011 con quel “Sei corvi contro il sole”, album di una bellezza apparentemente frugale che, tuttavia, trafugava sensazioni ben più profonde e psichedeliche. Ora, invece, ci ritroviamo di fronte a una colonna sonora estremamente suggestiva fin dalle prime battute. Ci racconti come sei arrivato a scrivere le musiche per questo film-documentario e che tipo di approccio hai avuto nel realizzarle?
Il punto di partenza è stato il testo iniziale del regista Marcello Anselmo. In un secondo momento, insieme, davanti alle immagini, siamo scesi nel dettaglio. Sia il testo sia il girato suggerivano l’idea del sommerso come fantasma vivo che incombe sul mondo di superficie, dell’abisso come necessità esistenziale, mistero e limite invalicabile, che affascina e atterrisce.

La musica elettronica che viene fuori da questo lavoro non è per niente algida e sembra seguire dei canoni sonori che non hanno nulla a che vedere con il mondo digitale. Insomma, mi sembra di capire che anche questa volta tu abbia tenuto fede al “Dogma 8”, oppure mi sbaglio?
Come faccio ormai dal 2004 ho ripreso e missato su nastro, usando solo effetti elettromeccanici, nel limite di otto tracce. A parte una batteria elettronica del 1965 e un piccolo synth monofonico usato con parsimonia non ci sono strumenti elettronici nel senso comune del termine, niente sequenze, niente arpeggiatori, niente computer, niente campioni, niente midi. Tutto è affidato alla dinamica dell’esecuzione, al missaggio e agli ambienti. In particolare due brani, “Second sphere” e “Pacchetto magico” sono session “live” in studio eseguite da me e Massimiliano Sacchi, e registrate su appena due canali. Dogma 2!

Cosa significa e quanto è importante per te la ricerca musicale?
Non do troppa importanza a questa espressione. Cosa è ricerca e cosa non lo è?

E la nostalgia?
Il passato idealizzato, a volte anche strumentalmente mitizzato (nel mio caso l’era Beat), è un oggetto mentale che abita in un non-tempo. La nostalgia infatti non sembra indirizzata verso ciò che c’era – così com’era – e non c’è più. Pre-esiste ai ricordi, li manipola e se ne nutre. Nemica della storia, essa riguarda il sogno, l’impossibile che poteva essere, le linee di probabilità alternative, l’ideale edenico. Irrinunciabile peculiarità umana, il suo prevalere può essere letale e condurre all’immobilismo.

“Posidonia. I fondali della metropoli” è una colonna sonora fatta di tanti particolari sonori. Quanto tempo ci hai lavorato su e, oltre a Massimiliano Sacchi, con chi altro eventualmente hai collaborato?
Il grosso del lavoro è stato fatto in un mese. I tempi sembravano inizialmente molto stretti. Collaboratore principale in studio è stato il già citato Massimiliano Sacchi. La title track è suonata col batterista di NB e le 8 tracce Peppe Sabbatino. Importante è stata la presenza in studio di Giulio Milone, che mi ha aiutato a tenere in efficienza macchine piuttosto antiche. Nel disco c’è un brano, “Sonorizzazione 2: Macerie della civiltà”, interamente scritto e suonato da Fabrizio Elvetico – del gruppo Illachime Quartet – che nel film curava il sonoro.

Quanto la senti vicino a te e alla tua Napoli?
“Posidonia, I fondali della metropoli” non è altra cosa rispetto ai tre dischi di Nino Bruno e le 8 Tracce. Per ovvie ragioni – è una colonna sonora e non ha testi, tranne una frase – risulta meno ambiguo, più semplice dei precedenti.
Napoli, poi, è una città famosissima, importante. La sua capacità di creare un “immaginario” è spaventosa. Ma ci sono tante di quelle sfumature nel nostro linguaggio e nei nostri atteggiamenti, abituati come siamo a vivere uno addosso all’altro, che davvero non saprei dire quale sarebbe la mia Napoli. Spero di dare il mio contributo portando un tocco di gentilezza e di onestà intellettuale.

“Una moneta in tasca una corona in testa” è l’unico pezzo cantato messo a chiusura di un album strumentale. Ecco, al di là delle esigenze di produzione di Posidonia, ti senti più un autore o un cantautore?
Non è un dissidio lacerante. Comunque io mi sento sostanzialmente un rocker allo sbaraglio.

Hai più sentito Paolo Sorrentino?
Ogni tanto.

A proposito: qual è il tuo giudizio su “La Grande Bellezza”?
Un film fantastico, volutamente doppio. Sembra un film di critica socio-politica ma c’è di più. Il protagonista è a suo modo un asceta, che si spoglia delle cose cui normalmente diamo valore: il lavoro come rappresentazione di se stessi, la considerazione sociale, i ruoli e i passaggi della vita, gli orari. Pratica la mondanità con costanza e disciplina, è il suo strumento di ricerca spirituale. In lui non c’è nulla di demoniaco. È piuttosto un materialista romantico e leopardiano, sopravvissuto in un’epoca di fedi ostentate e fanatiche, di delirio di appartenenza. Un libero pensatore, infine. Neanche snob visto che balla i remix della Carrà alla sua festa di compleanno. Certo può permetterselo, ma questo vale per tutti i pensatori (filosofi, artisti, scrittori che siano). Io non sono affatto ricco, ma se non avessi di che mangiare “Posidonia…” me la sognerei la notte, più che altro per i polpi, le seppie e i frutti di mare che appaiono nel film.

Quale sarà il tuo prossimo progetto?
Il nuovo disco di NB e le 8 Tracce è già in preparazione. Uscirà entro l’anno.

Prima di salutarci, ci consigli un film e un disco che ti sono piaciuti particolarmente?
Come film mi colpì parecchio “Cloud Atlas”. Mi piacque anche la critica, che lo definì “un fallimento spettacolare”. Il film che amo di più però resta “Grand Hotel”, quello del 1932. Con i dischi vado a periodi, ne sento uno per giorni e poi cambio. Questo è un luogo frequentato da ascoltatori di musica e preferisco non scoprirmi troppo. Ultimamente ascolto molto “Travel-log”, di J.J. Cale.

Trailer “Posidonia. I fondali della metropoli”



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