Oggi Milano Finanza scrive: “Come nelle guerre del passato la risorsa di cui nessun esercito poteva fare a meno era l’acciaio, nel nuovo conflitto del 21° secolo tra l’umanità e il Coronavirus l’arma per la vittoria si chiama vaccino”.
Si capisce quindi che l’antidoto per il covid-19 sia diventato per le industrie farmaceutiche il grande affare del momento e, come ogni attività commerciale che si rispetti, anche questo particolare business è soggetto alle regole spietate del mercato (domanda e offerta) che determinano il prezzo del bene.
Non sono certamente un esperto di economia, tuttavia è facile intuire che in un mercato organizzato unicamente sul profitto prevalga sempre il più ricco.
Succede dunque che il 14% della popolazione mondiale possegga il 53% dei vaccini (Fanpage) e che nel mondo 45 società farmaceutiche quotate in borsa e in corsa per il vaccino in un anno siano salite in media del 262% (MF).
Insomma, in una situazione d’emergenza sanitaria mondiale come quella che purtroppo stiamo vivendo, bisognerebbe creare un’unica rete di ricerca e collaborazione tra Stati e imprese private per la produzione di uno o, magari, più vaccini anti-covid.
Almeno in questo particolare periodo storico, si dovrebbe dire “stop a brevetti e proprietà intellettuali” su tali vaccini.
Non è una questione di ecumenismo, umanità o altruismo che dir si voglia, ma semplicemente di intelligenza. Perché debellare velocemente questa Pandemia significa far ripartire l’economia globale e la vita sociale.
Utopia? Boh, forse. Ad ogni modo, dopo questa riflessione, datemi i premi Nobel per la pace, l’economia e la medicina.